Sospendi un attimo


Sospendi un attimo
il pensiero, amico mio.
Lascialo in alto, fra la
terra e il mare, dove si
sente profumo di niente.
Un nulla di infinito che
non sente salire le
parole che basculano
il vuoto delle menti.
La notte, da lassù, mi
Par morente ma ecco
la luce lontana.....

Giba


Dove andare


Vedi, se non sapessi
dove andare, andrei in
in posto dove non c'è
Dio. Non un Dio crudele,
né un Dio benevolo.
Credo, crediamo, che
esser buoni significhi
esserlo come noi,
di logica umana. No
davvero, la vita si regge
sulla morte e la morte
alimenta la vita. Come
sintesi perfetta l'attesa
d' essere consumatori
o consumati, mentre
giochiamo a scannarci,
nell'illusione di fermare
la sorte. Pedine di un
gioco più che geniale:
Divino. Nello staio
d'attesa
la noia è infinita.

Giba


Breve istante

 

Sarà così, come se

piovesse. Nulla di
strano. Un soffio di
freddo come una
sbuffatina di una
fanciulla stanca e
infreddolita nel tuo
orecchio sinistro e
poi uno strano, ma
chiarissimo buio.
Questa la vita amico,
questo è tutto o lo
sarebbe, se in mezzo
non ci fosse l'amore,
ed un sorriso, e la
grazia donata per un
Istante, per un povero
istante, per davvero.
Un istante divino.
Sì, Dio esiste davvero.

Giba

 

 

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L'angolo

 

 

Come l'oriente delle 

cose si sposi al nord 

non saprò mai: deriva. 

 

Resta facile opporsi 

e non variare, 

facile andare senza 

mai capire. 

 

Noi siamo quel che 

non siamo, 

sempre. 

Soprattutto, noi, 

non siamo 

quel che non siamo. 

 

Ci attende la resa alla 

ragione e la ragione 

non esiste. La nostra 

è affatto assurda. 

 

Tutti questi 

arzigogoli non sono 

una trovata ma una 

resa al pensiero, 

labirinto del 

potere inutile. 

 

Uccidi un uomo e poi? 

Ti resta un morto. 

Domani crederai che 

serva a dissuadere. 

 

Nulla dissuaderà 

quel che un Dio fece. 

 

g. 

 

 


Enigma

Certo, capire che solo ora,
nell'ora che si fa secondo,
io realizzi l'inutilità della
parola, se non per dare
sfiato a una boule
di inutili intervalli, mi
lascia inerte come
la visione del nulla.
Nulla sono, stanco del
cercare sassi combacianti
in un pianeta ove i sassi
son tondi, e non esiste
malta che li fonda. Così
piango il mio niente,
desolato come se fossi
un naufrago approdato
ad una spiaggia dopo
un lungo navigare, che si
accorgesse, girandosi,
che non esiste il mare.

Giba


Andando

 

Dove trovo Dio,

Dove il motivo

Di tutto questo

Carnaio globale

Di uomini e cani,

Di vermi e farfalle?

Dove trovo la ragione

Se mi avvalgo della

Mia ragione 

Di uomo?

Dove? So che il segreto

E' nel sapere che non

Capiamo, non 

Possiamo.

Forse è capire che

Chi dice di capire

E' la interessata,

Furba e tremenda

Morte della

Ragione.

 

Giba

 


Voglio l'America

 

 

Voglio l'America,

Le sue grandi bandiere

Nei cimiteri e sui mercati,

Sopra le case e nelle

Anime miste di gente

Diversa. Un paese

Dove amici o nemici

Si sentono comunque

Figli di quelle terre.

Noi, figli senza terra

Di una terra senza figli,

Splendida terra uccisa

Dalla follia dei bruti

Che non hanno paese

Ma veleno nel sangue

E morte nell'anima.

Restano le nostre

Anime, come fragile

Scudo di un niente,

Che rinascerà, debole

Sempre, ma vivo sempre,

Finché vivrà il concetto

Di un Dio provvedente.

 

 

 

Giba


Così

Ho corso su cavalli
stanchi distese infinite,
ho visto, prima di capire,
quello che non capivo.

Ho seguito la morte
senza sapere cosa fosse,
né temerla, nascosta
com'era da esplosioni
di vita. Non sapevo.
Ora che so far di conto
sommo ogni fattore;
anni, malanni, noia.
Così si guarda ogni
apparir del giorno,
con fatica e tormento.
Chi ha ordinato una
cena di immangiabile cibo
che mi tocca Pagare?
Non io. Quello che non
scordo è la tremenda
mancanza di non poter
dire che accetto di
essere nulla. Orgoglio
di un gesto di libero
arbitrio, inesistente.

Giba


Ego te absolvo

Così ognuno di noi
cerca di farsi diverso.
lo facciamo tutti
con noi stessi e col
mondo, sempre.
Diversi e uguali
siamo, con i nostri
segreti, di sesso e
di desideri nascosti.
Se si capisse che non
c'è pena di giudice
per la natura  umana, 
e che il desiderio non 
ci sfiora di aprirci al
mondo davvero, 
di far chiaro quel
che dentro si è !
Non lo potremmo.
Quello che i più
intimi sanno di noi
è lo spoglio del 
nulla. Nessuno si
confesserà mai, se
non a Dio. Ma là
non serve, lui sa.
Sa le nostre
stupidissime tesi.
Sono le sue tesi
realizzate. Non
ci sono ipotesi,
credo, 
nella mente di Dio.

Giba


Signore indicami la via da percorrere,
solo tu puoi guarire la mia anima.
(La Bibbia, non so dove).

Lunga, brevissima
via, colmata da sobbalzi .
La strada non ha asfalto
correndovi la vita, se non
per brevissimi tratti.
Alla fine la breve,
lunghissima strada
si fa strazio di nuove
consapevolezze e
di sfiorite amarezze
sconosciute. Tutto
ti pare greve, tutto
sembra quel che non
era ieri quando ancora
fidavi nelle cose e
negli altri. Si fa
chiaro il futuro che
comincia e quasi,
sei lieto di saper
che non è il tuo.

Giba

 


Strano?

Ebbene, cos'è strano?
Questo mio vivere al
Di fuori del fuori, stando
Al di sopra delle cose
Dure, quelle vere che
Dominano il sogno?

Che falsità ci diciamo,
Perché nascondiamo
Questo sognante defluire
Della vita nel fiume del
Niente? Bella la vita,
Proprio nello star sopra
Le cose ruvide, quelle che
Graffiano i sogni. Salviamo
Sogni e vita, pur pensando
Che siamo amore e sogni,
E viceversa.

Giba

 

 


Lascito 81


Lascito per nessuno.
Solo, alle somme,
veder chi muore
per le mille religioni,
per chi gabella Dio
come visione di
qualcuno mai visto.

Mille, son mille i
terribili riassunti di
come gli uomini
tutti conoscano
la strada dell'inganno.

Tutti son pronti a vedere
i segni della follia che
garantisce il nulla
come voce del tutto.

Vorrei urlare, invitarvi
alla fine del regalo
a non credere in
questi orrendi imbrogli.

Non venderei il mio Dio,
non è vendibile, non offre
che l'attesa breve e il nulla

Resta alla fine la speranza
improponibile che tutto
si spieghi. Intanto ognuno
sia grato dell'avuto o
urli quel presente presente
che lo uccide, ad ogni
giorno un poco, nel
dolore.

Tornerà la pace.

Giba

 

 


Cosa succede a Dio


Quando incontra per
strada, fra le nuvole
di mondi lontani,
un'anima persa sul
selciato infinito?
Niente. Dio non
Prova. Sa, perché
lui ha costruito la
strada. Nessuna
anima si perderà
mai. Nessuna mai
capirà il suo andare.
Noi andiamo, chiamando
il pastore che ci guida.
La condizione è
avere un' anima.
Essere, fra pulci
e cellule, sicuri
della guida.

Speriamo.

Giba

 

 


La solitudine

Un turbinio di cose
amare e belle.
Un continuo di sorsi
di vento, tratti
dall'otre di Eolo
appena tolto il
tappo che lo stura.
Eolo dei venti, Eolo
Della vita. Siamo
nel vento il vento,
senza sapere il
posto dove andremo.
Non ha patria il vento,
non ne ho io, né
noi , né un Dio
che non amici né
nemici, né uguali.
Non soffre di solitudine
Dio. Non soffre; unico
assurdo padrone
dell'eterno.

Giba


 

Sogni

Quando il sogno è
bambino il vecchio
può sognare. Solo
i vecchi hanno sogni
fanciulli, dalle piccole
mani e dai cuori
puliti. Sogna così
solo chi cede al
sonno all'improvviso,
chinando il capo
all'ombra di un
sorriso. Ora il
sogno bambino
può giocare coi
suoi capelli bianchi,
e le piccole mani
dan sollievo
al peso della
fronte affaticata.
Fanno lievi
gli anni
all'imbrunire.

Giba

 

 


Nel sonno

Datemi un sogno.
Lo levigherò
come fosse mio.
Ne farò nubi
leggere, senza
meta, all'ascolto
del tempo che
non verrà.
Forse nel sonno
eviteremo i sogni,
saremo un nulla
finalmente inconscio.

Giba

 

 



Palcoscenico

Che commedia è questa
che comincia con mille
protagonisti, avvolti in
panni colorati e danzanti
fra venti lievi, levati ad
arte da entità nascoste?

Che commedia è questa,
ove la folla del primo
atto perde un terzo dei
protagonisti e le vesti
di coloro che restano
sbiadiscono in fretta?

Ora il secondo atto
già ci incalza e lottiamo,
tutti, contro il tempo che
preme, per l'applauso
che dia certezze
di un sicuro futuro.

Ma incombe il terzo
atto e già son assenti
dal palco due terzi
di coloro che insieme
hanno recitato la vita
con parole affiochite.

Ora, ultimo atto, mi
ritrovo solo, al centro
delle tavole tarlate,
e penso che il monologo
non mi si addica. Vedo
arrivar qualcuno, in alto.

E' un deus ex machina
retto da una corda, con
finte ali ed una maschera
comica, la cui bocca
si torce in un ghigno
che copre il gran segreto.

Poi cala la tela.

Giba



La differenza

Così desolata è questa
differenza di intendere,
così ardita che quasi
scioglierei un omaggio
alla mia imbecillità
nel non capire.

Il nostro tremendo
esser diversi nell'uguale
lascia campo all'orrore
del potere, che in noi
porta al gran mostro
che ci include.

La nuova inquisizione
reca al rogo orrendo.
Non cambiamo, siamo
Burattini di quel che
Non capiamo.

Giba




 

Quello che non so

 

Non so l'ultimo gesto,

non l'ultima parola

che scambierò con te.

Non ho capito che

ci lasciavamo, amore

lontano, per la vita.

Non che scesi dalla

macchina, abbandonando

il volante senza ritorni.

Non che quando ci

abbracciammo, quella

sera, amico mio,

fosse un addio.

Disarticolate marionette

nelle inceppate mani

del caso, camminiamo

cespicando, nella

stupida attesa

di trovar solidi

equilibri a un'avventura

equilibrata soltanto

per Buttafuoco.

Noi, burattini

di Dio

 

 

Giba

 

 


Ora 

Quando l'usato
Diventa frusto,
Quando scopri
Che manca il
Nuovo, trovando
Il vecchio nel
Piatto della sera,
Allora solo vedi
Il vuoto e il
Nulla, e scopri
Nelle nuvole la
Noia tremenda
Del limite divino.

Ora è  davvero
Il caso
Di tacere.

Giba


 

Come da sempre

Poi verrà il nuovo
e con il nuovo
cambieran le forme
e resterà del vecchio
tutto, tranne che
le norme. Questo
nuovo verrà, saranno
pulsanti luminescenti
e stupidi, come
l' attesa del diverso.
Mai saremo, mai,
diversi da Eva, o
da Adamo, o dalle
nostre illusioni.

Immobili nel
nostro essere,
avvolti da giochini
e da inutili
erotismi di noia.
Ma l'amore è là,
in fondo. Lo avevo.

Giba

 

 


 

Dicevamo..

 

Non ho niente,

davvero niente,

se non presenze

di dolcissimi

assenti. Il

niente non è

il nulla.

Vivo

circondato

da vivissime

ombre, lontane

il tempo di uno sguardo,

lungo o corto

che sia.

Dentro ho tutti i

panorami della terra,

tutti gli amori distratti

che mi sono

puntello e ragione.

Non ho davvero

niente se non

questa ricchezza di

passato, che si

farà futuro a

rinnovare

questa voglia

di vivere, tornata.

 

Giba

 

 


Quello che sono

 

 

Davvero non posso.

Non proverò neppure

a cancellare quei volti

freschi dalla mia

memoria.

 

La memoria di ora,

non d' allora.

Non ci son pause

nelle mie impressioni.

Resto com'ero, e tale

come sono.

 

Perciò quelle labbra

sono dolci,

e fresche di giovane

attesa. Non ho

volti ingrigiti

nei pensieri.

 

Io sono

quel che fui.

Né altro

sarò mai,

se non il

nulla, un

nulla che ha

scordato

d' esser stato.

 

Giba


 

Grazie?

 

Perché è questo

il paese senza tempo;

questa stanza oscurata

da orologi, che libera la

vita dalla vita, fermando

il nulla in un istante ardito.

 

Basta solo un respiro

guadagnato, per rompere

l'assurdo del vedere

quella follia del tempo misurato,

ingoiato da famelici nemici

che sono come te,

come sempre dannati ad

ingoiare il respirare altrui per far

proprio l'istante. Se questa è la

benedizione, attendo,

di sapere il perché.

Ringrazierò "domani".

 

Giba

 

 


Volano a sera

 

 

Belli i gabbiani,

immobili nel vento,

scivolare senza battito

d'ala nella sera.

Aprono gli occhi a una

dolcezza amara, una

poesia crudele

senza minacce che

non siano il silenzio

feroce dell'attesa.

Gabbiani tremendi

costruiti con garbo

ingannevole,

pronti ad uccidere

senza avvedersene,

con cosciente

indifferenza, come

uomini, o cani,

o microbi silenti.

La morte può

esser bella

da morire.

 

Giba


Risveglio

 

Stanotte un sorriso di pioggia

e uno sbruffo di sole stamane,

nella tenera parte del mattino,

che passa l'attimo del disincanto

e ti risveglia il limite di vita,

tu risorgi al presente, illuminato

da due sorrisi chiari di bambina.

Se guardi in alto vedi, allora,

il sole, più in alto delle nuvole

severe, e pensi che il dolore

che ti umilia, sia la giusta mercede

che si paga, per aver visto e amato,

per aver la ragione di morire,

così, semplicemente ringraziando.

 

Giba


 

Ermete

 

 

 

Così l'inverno assurdo

 

si è trasformato in niente.

 

Un sorriso mi prende

 

per quel comico andare

 

che al di là

 

della recita, mi spingeva

 

a pensare, che fino

 

all'ultimo fosse

 

possibile sperare.

 

No, no, non è vero;

 

un momento arriva

 

ben prima del sedile

 

di un Moliere morente,

 

per dire, sul proscenio

 

che non resta più niente.

 

Ora attendiamo, piano

 

passando di secondo in

 

minuto, che passi ancora

 

un'ora, di attesa che

 

la nebbia, fredda, della

 

mia terra, mi riempia i

 

polmoni di rimpianti

 

e d'amore.

 

 

 

Giba

 



"Uomini e basta

Come mi nauseano i santi,
nascosti fra gli uomini.
I profeti mi urtano, quelli
dal dito alzato, quelli che
hanno la verità nel palmo,
magari rivelata, da chi non
so; non sanno neppur loro.

Odio gli uomini del balcone,
della certezza del nulla, del
pergamo affacciato su mille
e mille teste affastellate.

Mi nausea, alla vigilia della
fine, dell'anno e della vita,
saper che siamo sempre stati
schiavi, di perifrasi assurde
e di poteri consolidati solo
da parole, che ci danno
speranze. Noi, umanità
piegate dalle fattucchiere,
che creduli pensiamo,
di trasformare un sasso
nell'eterno divenire.

Siam quel che siamo,
pronti a trasformare
una stupida speranza
in una fede, noi,
tremuli aspiranti
all'idiozia, fra urla
ed anatemi di coloro,
che come noi si levan
la mattina, a cercare
qualcuno da spogliare.
Noi siamo loro e loro
sono noi, uomini e mostri,
spogliati e spogliatori."

G


 

 

Analisi

 

 


Mi addormenterò
su un enorme seno di
donna, morbido
come le promesse
dei venditori di fumo.
Toccherò con le mani
un ventre enorme,
da venere preistorica,
carezzando l'avuto senza
avere.
Non ebbi mai, noi tutti
non avemmo. Il
nostro fu un sospiro
di delusione o di
stanchezza o
di orgasmo inatteso.
Quando successe di aver tutto,
e tante volte successe,
nulla avemmo,
se non il grido
di un sospiro.
Noi abbiamo pagato il nulla
all'avventura. A quella che
prevarica l'amore. Quella è
valsa a far sì che ne valesse,
forse, la pena.
Non lo so ancora: ma se dopo
è il nulla, come son certo,
abbiamo solo giocato,
con carte false, su un desco
di illusioni, pronte a sparire
col respiro estremo.

Anonimo

 

 

 

 

 


Rimpianto

Davvero non so
come si possa
camminare
su questo filo
d'acqua
trascorso da onde
di vento
fra cima e cima.
Il mare sotto
parla alle rocce
cupo.
Capisco il
mio
andare ad occhi
chiusi.
La vita si diverte
ad aspettare, che
metta il piede in fallo,
e aspetta la caduta.
Davvero un'attesa
banale.

Giba


 

Il sunto

 

Guarda i giorni

come rilievi, i mesi

come accennate

colline.

Rivoli di parole

scendono dai rii

del pensiero,

dalle alture,

per fluire negli anni,

scendenti,

dall' appennino del nulla.

La parole aggrovigliate

scendono, come mulinelli

del pensiero.

Vanno a fluire, tutte,

nei fiumi irruenti della vita,

Noi siamo le parole,

siamo l'acqua, siamo la vita.

Un sorriso del nulla.

 

G


Il paese dei balocchi

 

Nel paese dei balocchi

c'è un giocattolo rotto.

Lo guardano le bambole

con occhi di vetro.

Lo guardano, stupiti,

i cavallini di pezza.

Un orsetto di peluche

ha le orecchie piegate

come un triste pensiero.

 

Lui, un vecchio trenino

dalle ruote di legno

si poggia di sghimbescio

su un resto di rotaia.

Il signore dei balocchi,

passando lo ha raccolto,

lo ha girato e si è accorto

della ruota spezzata.

 

E' finito sul mucchio

dei giocattoli morti,

in attesa del carro

che li porti lontano,

nel paese ove lievi

spariscono i ricordi.

 

Sono sempre immobili

i compagni silenti.

Le bambole di pezza

hanno negli occhi

immobili, un dolore

profondo. Attendono

un bambino, che le

porti lontano......

 

Giba

____________________________________________________________________ 

 

Come, ma come...

 

Così, con un

sottile lacerìo

di foglio,

la mia mente si

apre sul futuro,

e scopro d'esser solo

a camminare

per questa strada

antica, di salite.

 

Come, ma come;

noi eravamo in tanti;

mi sorride il sorriso,

ancora, degli amici.

 

Vedo le donne amate,

i lucidi capelli,

i sorrisi fanciulli e

gli sguardi di bimbi

vivi e morti ad un tempo,

ora diversi e segnati,

dalle spine dei tempi.

 

Come, ma come;

il nostro divenire ci

cancella, con mille morti,

mentre siamo vivi.

 

Dentro soltanto, ma

se chiudi gli occhi,

resta una disperata

gioventù di fumo,

e cammini, cammini

mutando, fra i sassi

della strada dove

inciampi la tua

condanna all'impotenza

eterna.

 

Giba

 

____________________________________________________________________ 

Il lascito

 

La vecchiaia s'infoglia

di pensieri cadenti,

come su rami

di salici piangenti.

Tempo di far bilanci,

di capire chi fummo

e chi saremo. Quello

che siamo è un nulla

di deboli equilibri.

Un nulla inquieto

d'amore,

verso i cuccioli

che camminano

sulle nostre orme.

Lasciamo loro

eredità ingoiate

da potenti lontani.

Ci presenteremo

al nulla in abiti

dimessi, con

un fiore

all'occhiello.

 

Giba

 

 

_____________________________________________________________

Volturno


Son le tenere scelte della notte
a riportarmi verso la foce
di quel tranquillo braccio di
fiume, lontano fiume,
di sciabordii e di pace
sulla chiglia, della
barchetta lieve che mi mena.

Vedo al di sopra del ricordo
e soffro la presunzione dell'umano
assurdo, che crede d'essere e che
puzza d'orgoglio, nel suo nulla ardito.
Le mie mani calate, ai lati
della barca, sfiorano l'acqua,
come a dir che passa questa giornata,
e il tempo, e tutto
passa e che non c'è nessuno
a poter dire “sono”.

Siamo il sorriso, se lo abbiamo,
e basta.

Giba

 

____________________________________________________________________

 

Via dal paradiso terrestre

Così nacque la notte,
ed era un fiume
di assoluto silenzio
per coloro che non
temevano predatori notturni.

La notte era la tavola del tempo
in attesa del giorno degli umani.
Poi arrivarono loro, gli umani,
ed uccisero tanti, uomini e cani.
Era l'attesa della redenzione.

Arrivaron gli umani e dio
non disse che non fu lui ma
il caso a suscitarli. Onesto dio
che fece il mondo e basta.
Capirono i più furbi, dicendosi
sicuri interpreti del tutto.

Ora aspettiamo e, dell'amore,
di quello che riempì i nostri
sogni di sussulti, facciam la
sorte della vita tutta.
Dir grazie per gli intervalli
sublimi è poco. Ma a chi?

Giba

 

___________________________________________________________________

  • Erasmo (2)

    Resta un'ombra di me
    che pur fa ombra.
    La conduco per strade
    di terribili basoli lastricate,
    sempre in attesa che
    l'inciampo avvenga.

    Non inciampa la mente,
    non ancora, eppure,
    pare che agli occhi
    dei passanti appaia,
    l'evidente vecchiezza
    una scomparsa.

    Sorrido piano al loro
    divenire, alla loro
    sicura insicurezza,
    all'amore che attendono
    la sera, con la certezza
    dell'eternità.

    Rifiutare sé stessi
    è il nostro inganno,
    inganno e non capire
    che è follia, come il
    più antico “elogio”
    che ci sia.

    Giba

 

 ___________________________________________________________________

 

Fra le mie mani

 

Sì ancora, ancora.

Ancora fra le mani il sussurro

della pelle liscia ed asciutta

che ferma le dita negli spazi

che anticipano gli anfratti. Ancora.

Qui si ferma il pensiero, qui si fa reale

ma non va oltre, non vuole.

 

Morbido ricordo che illumina ed

uccide il mio giorno cadente.

Ancora, e come una zeppa a bloccare

una porta, si blocca il sentire e non

si smuove, di paura illuso.

 

Ancora il sentimento che mi

attese, attende il sentimento senza

attesa. Ora come non mai mi lascio andare

al tempo, che segna l'indice infame

della notte.

 

Giba

 

___________________________________________________________________ 

 

Interdit

Amo i tramonti,
i seni amo,
appena appassiti
dalla vita.
Gli occhi amo che
tanto hanno visto
e saputo.
Amo il guizzo del
corpo,
pieno appena di
leggera tensione.
Te amo, donna,
donna, donna, donna,
dalla vita trascorsa
ma non passata.
Amo il risveglio
che dai alle mie,
che credevo lontane
passioni, col tuo sguardo
incantevole, di
dolcissima uva,
appena passita.
Amo le tue sicure mani
che resuscitano
la vita.

Giba

 

___________________________________________________________________ 

 

Forfora

 

 

Che fa una lagrima sul risvolto

di un sogno? Nulla.

Per dirvi, quel risvolto

è come quello di Ney,

ornato, sulla giubba,

di perifrasi d'oro fine

e di ricami, sottilissimi,

di giovani schiave.

 

La giacca di Ney,

ricco di grandissima

morte, ornava il suo cuore

colpito. “Ne feci un grande”

disse chi lo uccise.

Ora che dio si fa, per me,

Napoleone, chiedo se

sarò grande pur io,

senza sapere perché.

 

Eppure il còrso si fece dio

e morì. Resta a vedere

se morrà Dio a morire

dopo me, con la mia

giubba ornata di

forfora leopardiana.

 

Giba

 

 ____________________________________________________________________

LA RAGIONE ED I SANTI 

 

Ma se qualcuno,

in fondo

alla ragione,

desse alimento al dubbio,

e intendo quelli senza

dubbio alcuno,

scoprirebbe che

forse, in qualche

caso, la ragione non

c'è, se non è altrove.

 

Viaggiamo sul filo

dell'esaltazione.

Un morto è un morto

e va sempre

rispettato.

Ma sant'iddio,

perché, se era

un coglione ?

 

 

___________________________________________________________________ 

 

Tu

 

Tu no, non dovevi,

non potevi tu,

anticiparmi la fine.

 

Non eri tu, immortale,

a dover lasciare l'Olimpo

del sognato, a dovermi

privare del pensiero

che tu fossi per sempre,

e non lo eri.

 

Non puoi chiudere gli

occhi al colore,

quello della

vita,

di un fanciullo che amò

te, fra cani e cavalli

incredibili.

 

Non lo fare, non puoi,

lasciarmi qui sapendo

che un giorno remoto

mi dissi, guardandoti,

che anch'io avrei,

unica volta nella vita

ucciso, per te.

 

Eri il sogno, l'amore per

l'amore, il libro di

celluloide che non mi

illuse ma che mi disse

la fiaba dell'amore

e delle dolcissime donne.

 

Quai tuoi occhi

furono, dalle origini

del mio sentire,

il colore assurdo

dell'immortalità.

 

No, anche se morta, no,

non morire.

Io vivo con,

negli occhi,

il colore dei tuoi.

 

 

___________________________________________________________________ 

Non so

 

 

 

Io non lo so perché

si affievolì

questo pensiero

antico.

Non so perché tu

debba apparirmi diversa.

 

Quanti anni sono?

Quanti?

 

Non accetto,

non penso,

non potrò mai

scusare,

i tuoi occhi velarsi

e la tua bocca

aprirsi

a schizzi di

saliva. Non posso.

 

Non mi importa di me, sai,

mica mi importa.

Posso essere un ramo d'ulivo

contorto dal tempo,

un niente agli altri ed a me,

posso accettare.

 

Posso tutto di me, del mio

reale. Posso attendere.

 

Voglio di te la giovinezza

eterna, il sorriso bianco,

le labbra dolci come

un sussurrio

di leggeri torrenti.

Questo voglio.

 

Oddio, se questo

mi mancasse saprei

che son morti i pensieri,

i miei,

unica cosa per cui

valga vivere un poco.

 

Giba

 


 

Notte

 

C'è un cuscino di tempo
questa sera,
che attende i miei pensieri senza sonno.

Non è veglia d'angoscia la mia veglia,
ma veglia di ricordi in lieta attesa.
Aspettano un pensiero per aprirsi,
come una margherita in primavera.

Le tue labbra ricordo, umide e schiuse,
e i tuoi capelli, e la tua vita stretta
sopra le dolci curve
immaginate.


Sì, stanotte sarai nei miei pensieri,
vivi pensieri senza sonno,

viva potrò vederti come allora, bella,
gote arrossate e gonna stropicciata.
Pensa, nei miei ricordi sei rimasta
ferma ai tuoi diciott'anni, finché dura.

Sono la tua fontana che rinnova,

e tu rinnovi me nella mia notte,
per svanire nell'alba
e i suoi sentieri.
E sono certo
che sia stato ieri.

 

Giba