SO CHE VERRAI
So già che verrai e
scenderai dalla slitta
piano piano, trascinando
il tuo sacco di regali.
So che verrai a sederti
nella mia privatissima
stanza, sulla vecchia
poltrona, brontolando.
Ti verserò da bere e parleremo
fra vecchi; e chiederò
ragione della tua fatica
d'esser vecchio da sempre.
Tu mi dirai che è duro nascer ciechi,
ma che è più duro diventarlo,
per chi la gioventù conobbe
ed ora si disfà, come un bimbo lontano.
E se riuscissi, dal sogno alla realtà
a scambiare le parti ed a lasciarti,
seduto a questa tavola imbandita
di sogni che si sciupan, piano piano?
Eccomi sulla slitta, con le briglie
delle docili renne fra le mani,
con la certezza d'esser vecchio oggi,
con la certezza d'esserci domani.
08-12-2003 17:10
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LO SGUARDO
Un fulmine:
rompe il cielo
come se fosse di carta.
Tutto è congelato
davanti ai miei occhi
che restano ciechi
al futuro.
Tace la notte
degli insonni
ed affacciato
al balcone di quest'isola
di sonno rimandato,
ti vedo montagna
che ritardi il risveglio.
Chissà se deciderai
di svegliarti,
quando andrò
a dormire.
A volte la morte
ride della vita.
Non sa che ne fa
parte, come l'arcobaleno
della pioggia.
giba
21-12-2003 18:47
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Solo poche parole
Sarò breve:
la mano si distende,
si riposa la mente.
Sussurriamo
quel che vogliamo
dire.
La gente ci comprende,
sa quel che non diciamo.
giba
27-12-2003 12:08
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Si ricomincia, Sari
Più stanco il tempo
la salita più erta,
si ricomincia a salire
piano,
finché non capiremo
che non è salita
ma discesa, questa
che tanto ci affatica.
giba
04-03-2004 16:57
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Ipotesi
Fu quando Dio rispose,
unica volta,
all'uomo carico
d'angoscia.
Senza speranza
d'aver riscontro
l'uomo, giunte le
mani, chiedeva
il perché
di tanto dolore.
Dio, seduto
al suo fianco,
invisibile,
rispose:
"Senza dolore
nessuno di voi
parlerebbe con me".
giba
08-03-2004 18:03
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Soltanto fumo
Un fiume di parole
accavallate e scisse
in sillabe sonanti che,
sorgenti dal cervello
vanno al cuore.
No, non c'è tempo ormai
per le parole volute,
ragionate, con un senso.
E' tempo dei ricordi e
degli affanni,
del dolore nel tempo e nei
pensieri, del lacerio di
pagine sbiadite, che vanno
cancellate dall'essenza.
Non potrà mai qualcuno,
dopo me, curiosare
fra i miei doni segreti,
legger le linee di una mano in
dolcissime linee affusolata,
che mi parlò d'amore,
e quanto amore,
cent' anni fa trascorsi in un
minuto.
No, brucio quelle carte e
il loro fumo, mi finisce negli occhi.
Fa lacrimare gli occhi, il fumo,
vero?
giba
30-03-2004 18:00
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Dedicato al papà di L.
L'arrivo
Ora che mi hai liberato
del mio rugoso involucro,
non mi lasciare solo,
nell'aria chiara, a
costeggiare nuvole,
come nella fiaba
di capitan Uncino.
Dammi, ti prego,
per compagna
una rondine,
come me eterna,
che come me plani
sulle miserie lasciate,
con ali immobili,
godendo il fresco
dell'aria che scorre,
vicino al castello
costruito da Dio,
in felicissima
pace.
giba
06-04-2004 18:14
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NOI
Nell'aria
la bestemmia
tagliò,
come un rasoio,
la mia anima laica.
Dio non ha mani né piedi
né pensieri.
Non sa cos'è la pena
e la pietà:
non le nostre,
che neppure abbiamo.
Dio ha le ragioni di Dio.
Taciamo ed aspettiamo.
Forse, alle radici del
tempo finito
ci spetterà un piccolo
lampo di conoscenza.
Forse il silenzio,
la pace del pensiero.
26-04-2004 17:42
_________________________________________
COME
Come ne esco:
come di parole,
di letture, di idee,
di vita che rischia
di passare
in sottordine
ai miei sogni,
posso riempire il
tempo che ci resta?
Ora, magicamente,
piove, non sui silvani
volti ma su volti
diversi, indifferenti.
Piove e non ci sono
tamerici né salmastre
né arse, ma torture
che fanno povero
il torturatore.
Questo rendersi conto
ancora e ancora,
che nulla è quel
che speri
e che sei uguale,
a tutti gli altri
uomo pure tu,
mi riempie di lacrime
i pensieri.
Tutti amorosi siamo
ed assassini,
tutti buoni e cattivi,
tutti uguali.
Nessun Dio ci ha dato mai
il permesso
di crederci diversi:
questo è il punto.
Uomini e basta
e questo è quanto,
Dio.
06-05-2004 16:26
______________________________________
Perché?
Oh! Noi che camminiamo
per queste strade
che non sono mai state
le nostre strade.
Strade
che non lo furono
neppure
per chi le fece.
Oh! Noi che ci illudiamo
di vivere qualcosa
di reale
percorrendo il tempo.
Salutiamo
le case che sono,
perché saranno e
la gente che passa,
perché sarà passata.
Un dagherrotipo
di una città piena
di inutili viandanti,
che fan gesti
da vivi e sono,
solamente, solamente,
solamente impressioni.
15-05-2004 15:46
______________________________________________
Si è fermata...
Si fermò la poesia,
così, di sera, e si
spensero l'ore,
per un poco.
Ma quando, col mattino,
nelle strade si riprese
ad andare, la poesia
era fuggita. Nessuno
scrisse più
neppure un verso.
Le anime gelate dei
poeti, non seppero mai
dare, con l'accordo,
alle vuote parole
senza amore,
neppure l'ombra
di un significato.
Ora siam tutti qui,
che camminiamo,
col cuore fermo,
ma non lo sappiamo.
Si fermò la poesia,
così, di sera
e si fermò la vita
a poco a poco.
giba
22-05-2004 23:46
__________________________________________
Senza ...
Lontano, svanisce nel tempo
il volto della memoria.
Diventano fatue le statue
di chi ci appartenne.
Quei volti sbiadiscono piano,
gli stessi, precisi fin'ora,
vivaci nel rinnovarsi
nella remota impressione.
Il gioco è cessato: è una mano
che spinge quegli anni lontano,
un'altra ti preme sul petto,
spingendoti indietro, ma piano,
ti parla una voce di gelo
dicendoti: " Basta, scaduti
i diritti non puoi rivedere i suoi
occhi, non puoi risentire il
suo riso. Sfiorito è il suo seno,
è finita". Lontano, continua la vita.
giba
07-06-2004 17:19
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DOMANI
Si fa crepuscolo,
la sera condivisa
delle cose.
Fino ad ora,
ho giocato ai riporti
col pensiero,
rimandando di un poco,
un attimo di tempo,
lo sfiorire
degli occhi della mente.
Ora davvero il punto
si fa punto,
senza remissione.
D'ora in avanti sarò
soltanto quel che fui:
sopravvissuto.
Il tempo si fa vago,
svalutato
dall'indifferenza,
come il rimasuglio,
prezioso e repellente,
dei resti in
fondo al piatto,
nell'attesa
di un getto d'acqua
e di schiuma.
Sento vagar per casa,
come per una veglia,
la mia gente a festeggiare
quel che molti non sanno
cosa sia. L'allegra fine
della vita mia.
Giba
03-07-2004 17:52
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Sortir de chez soi
Conosci il vino
con le bollicine
e la rosa,
pendula nel vaso
lungo e stretto,
di cristallo opaco?
Ricordi quei sorrisi
ed il tuo dire,
cortese e lieve
come la tua mano,
che sfiorava la mia,
senza parere?
Una città d'oltralpe,
non ricordo
se lontana o vicina,
e mi dicevi che era
dolce il francese
su una bocca italiana.
Pensavo ai tuoi occhi
grigi, al tuo sorriso,
a quanto dolce sarebbe
stata
una bocca francese,
su labbra italiane.
Che posso farci
se al ricordo
mi soffre ancora tanto,
ma tanto, il cuore?
giba
09-07-2004 18:42
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Solo
Il segreto
Sarà lunga l'attesa
ed io vorrei,
che tu partissi oggi
e non domani,
per accorciar
di un giorno
questa pena.
Va' prima,
torna prima
e nell'attesa,
racconterò a me
stesso
il tuo ritorno,
già sì lontano
prima
che tu vada.
06-08-2004 17:18
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In sogno
Soltanto adesso,
che è due volte sera,
emergono
dal bòsco degli amici,
alberi a volte già
abbattuti
dalle bufere della vita.
Li ritrovo verdi
come pini di mare,
giovani ed alti
e mi ritrovo
ad ondeggiar con loro,
felice
della mia flessibile
gioventù,
al vento di ponente.
giba
19-08-2004 12:47
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Sono
-
Taci, silenzio.
Su una tavola di abete
stesa appena sotto il cielo,
sopra le stelle,
scivola il mio pensiero
alto e stupido,
come se fossi un uomo.
Ma sono un uomo e
quale uomo io sia
non servirà a nessuno.
Si corre sui murazzi
vicini al fiume, guardando
le inutili carole
dell’acqua che scorre.
Non serve. Non il dire
che la vita è qualcosa.
La vita è l’emozione che
stringe la gola ed è
un fuggevole,
splendido regalo
ad un bambino,
strappato poi, dalla
sempre piccola mano,
appena inteso.
Dio, se c’è dio,
piangete tutti con me
questa inutile festa
di pensieri, di intese,
d’amore che ti piega
alla dolcezza dolorosa
sempre.
Vorrei chiedere conto
della vita e non posso.
nessuno ha inteso offendermi
o sorridermi.
Si tace e basta,
attendendo il basta
e basta.
giba
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Noi che siamo
Amica, noi che siamo il
dicembre della vita, viviamo
questo ottobre che s'affaccia
con lacrime di foglie
sul cordolo dei
marciapiedi umidi e stanchi.
Dono, infine, di un dono,
come fosse pescato nel tino
del tempo con un mestolo
di legno e versato nel piatto,
ormai incrinato, della vita
che resta.
Sì, restiamo a guardare,
ancora una volta, lamine
e lembi delle foglie rossicce
rovesciate, come corpi esausti.
E la poesia si fa infinito, dentro.
Giba
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La Poesia si annida
nel cuore del pensiero
come uovo di cuculo.
Cresce e ne espelle
la logica e sua sorella,
la ragione. Occupa
tutto lo spazio del
nulla, la Poesia. Lo
rende musica sognata,
sul rigo dei sentimenti,
come un susseguirsi
di crome e biscrome
che parlano a qualcosa,
dentro di te, che non sai.
Non sai il motivo della
dolcezza triste che ti prende
come tu fossi bozzolo e lei
il baco, lo stesso che ti fece
e che si avvolge di te,
morbido e lento.
Occorrerà aspettare
ancora un poco che la poesia
diventi enorme. Il tuo
povero bozzolo non la potrà
contenere e si aprirà,
come un'offerta sacrificale
al Dio del nulla.
Giba
_______________________________________
Il fiore
Nell'ora del silenzio
ove più l'ore
si fanno buie, tu
sereno ricordi
le parole dell'uomo
il cui fiore era in bocca.
Un nome, sosteneva, dolce
come quello di un fiore. Ed
era un fiore nato sulla carne,
ancor più bello,
più perfetto di quelli
nati da terra, ché
terra siamo e terra tutti,
Dio pur compreso, credo.
Compreso solo in parte ma
compreso. In questo cruciverba
che pur la gente esclude dalle
sue parole, per farle mie soltanto
e non è vero, vorrei poter contare,
come gocce d'eterno, le parole
che mi disse mia nonna sulla nube
alta lassù, dove la sua casetta
può essere trovata. Io la trovai.
Tutta la vita la trovai e quando
il fiore sboccerà,
quel fiore in bocca,
dirà la strada per aver
la pace.
Giba
___________________________________________
Era un giardino
Certo era un giardino
l'ormai incolto groviglio
di lontani ricordi soffocati
o svaniti nel nulla.
Dove trovi gramigna c'eran fiori,
c'eran fanciulle dove trovi sassi.
E' inutile il ritorno sul
sentiero cancellato dagli anni.
Rotoli di sterpaglia rinsecchita
in luogo di una pagina fiorita
di amorosi pensieri e desideri
sepolti fra le calpestate erbacce.
Inutile il ricordo, anzi dannoso,
perché fra gli ectoplasmi c'è il
veleno delle notti perdute a rivedere
dei volti ormai appassiti oppur perduti.
Sì, forse è santo il calare della luce,
l'offuscarsi del tempo e dei pensieri,
il morir dei sognati desideri,
questo andare per mare senza lumi.
giba
_________________________________________
Come nasce
Microscopica parola
con un codino sventolante
che si infila nell'ovulo
di un dolcissimo,
femminile pensiero
e si divide,
moltiplicandosi in versi.
Nasce la poesia....
Giba
___________________________________________
L'elmo
Salire per strade sconosciute
e strane, irte di basoli
e sofferenze millenarie.
Andar, con ironica sofferenza,
sulla obbligata via della resa.
Poi trovi il tutto in un tranquillo
riso, una curiosità su chi ti tocca
e guarda, un non poter far niente
oltre all'andare.
Tu vai sulla speranza e sai che manca,
ridi di te pensando a te bambino,
le gambine piegate sui ginocchi
e le palline di creta colorate.
Miravi al mucchio ed era tua la sorte,
se la piramide cedeva, sparsa.
Di colpo ti ritrovi qui, a finire
fra i merli morti delle mura antiche
di una antica città che, ancora,
è per te Babilonia.
Il tempo non passò, non passa ora.
Vedo negli occhi di chi mi cura,
affettuosa impotenza,
e tanto basta.
Il mio elmo non è
un semplice bacile.
Morrò qui,
ai piedi dei mulini a vento.
Giba
-
Vera, lunga, stramba poesia
Vera davvero, ora lo so.
Vera per la mia vita il suo
servire, come pioggia sul fico,
d'estate. Lunga la vita e solo ora
il rapporto si fa lieve.
Breve la mia poesia.
Vorrei dire che il senso
del niente è desolante
e che la vita non dura
quanto il suono dell'anima.
Non resta traccia
di queste povere poesie ambulanti
nel cuore di chi ha cuore
e che verrà. Vale per oggi e solo
per un attimo,
lo strofinio delle
zampe di un grillo:
io grillo.
Suono ed attendo
come Paganini,
che il suono sia compreso;
no, non ripeto.
-
Giba
_________________________________________
All'improvviso
Fu quando arrivò Cristo, all’improvviso,
Dopo l’orto e dopo la passione,
dopo la croce ed il sudor di sangue.
Egli era nella casa di suo Padre, e
si trovò su una collina brulla,
con l’infinito avanti e un focherello.
Con una fiamma come di candela.
Lui unico legittimo, unico figlio
dell’immenso creatore delle cose,
si volse intorno a cercar manna e
rose, ed alberi fruscianti e morbidi
cuscini, ed angeli pietosi.
Nulla di tutto questo, solo un
vago sentor di vita eterna
rivòlta all’annottare di una
notte divelta dal futuro,
non essendoci il Sole più a calare
né l’orizzonte a scendere lontano.
E Cristo sanguinante si deterse,
con un sorriso il sangue dalla
fronte, e spense con due dita
la candela. La notte scese,
infinita.
giba
___________________________________
Tutto,
tutto il mio corpo e
il mio sentire, tutto.
Tutto quel che non posso
controllare
delle mie mani e del mio
sesso, tutto.
Una nuvola nera di follia,
una bianca di dolcezza lieve,
tutto di me, più che l'anima
il fondo del mio pensiero
chiuso, oscurato da un
soffrire crudo.
Perché non so, quando ti stringo,
nulla di quel che sono né di quel che sei.
Non so se sono tue le forme e
miei gli impulsi,
non so se ucciderei, se non mi amassi.
Confondo il tuo col mio,
come se fosse un unico inferno
di sospiri questa unica anima
di niente che ci ordina la
vita e il possedere.
Io sono dentro la tua vita e muoio.
Giba
_______________________________
Chi tu sia sia
non lo so,
non ti conosco.
Ma certo che ci sei,
sono sicuro.
Chi tu sia sia
non so.
Ti parlo senza che tu
possa aver mai avuto orecchi
per narrarti il mio nulla.
Chi sia tu non so. Ho smesso
di domandarmelo e basta.
Solo,
vorrei dirti una cosa che già
sai, come tutte le cose.
Fossi vissuto tre minuti,
quei tre minuti,
per quel bacio,
solo quello,
sorriderei.
Grazie per me, fortunato,
per chi accetta ed attende,
ed ora attendo.
Se mi chiedo perché,
fra milioni, a me sia stata
data la sorte, non capisco.
Non ci sono numeri
fortunati. Tutto è
previsto, sempre.
Non so perché, ma grazie,
grazie tante. Perché?
Giba
____________________________________________
SERA
Una sera così, mai vista.
Il Sole sarà sale alla caduta
e correranno i merli a rifugiarsi,
fischiando nella notte.
Stasera.
Sai quella sottile aria in primavera
che ti prende i sensi
e ti fa a sedici anni, inturgidire?
Sai la vita?
Bene, sarà la vita, questa sera.
Correremo sulle frasche, come scimmie
impazzite sui rami del pensiero.
Stasera vedrai, correranno i ragni
sull'albero e suonerà la "quinta".
Ci sarà l'amore di nuovo, quello vero,
quello che finisce e ti resta, fuori,
come un incancellabile tatuaggio
e dentro come pagina del nulla.
Se ci sarà la sera, questa sera.
Giba
_________________________________
Amico
Mi riesce lento sai,
amico, il dire il nulla
che è prima del muoversi.
Eppure ci siam mossi,
abbiamo fatto figli ed albe,
abbiamo amato e siam morti,
tanto, dentro, fino a morir
davvero.
Di te resta l'attesa, di me
il niente che ti attende domani.
Un salto di generazioni, il soffio
nel respiro di un drago, senza fiamme.
Difficile dirti ed amarti
come amai me stesso, come uomo.
Non sperare, lotta, non cercare l'amore
ma attendi il suo avviso.
Eppure l'amore continua
oltre l'amore che finisce,
nella notte dell'alba
che ritorna. Figli,
figli dorati e veri, figli,
un giorno ingrati: figli.
Un incarico voluto, accettato,
preso. Figli: la nostra cambiale
per un futuro incerto.
Resteremo, per loro,
quel che non siamo più.
Così vanno le cose, le cose
che passano ondeggiando verso il nulla.
Giba
Marmare
Il mare urla
sugli scogli silenti
rimbombando,
ed il silenzio
fa da eco al suono.
La mia attesa è seduta
ed aspetta, senza saperlo,
che il rumore si quieti
dando pace.
Non sarà pace ma angoscia,
non più distratta dal rumore,
a risalir dal fondo
sopito del sapere
che si farà aspra
coscienza.
Eppure la sottile ansia distratta
è più dolorosa del reale.
Il male, a volte, è meglio
averlo in casa che alla porta.
Il mare urla ancora,
per ora,
il suo lamento.
Giba
___________________________________________
Non guariamo
No, non è vero che lenisce,
il tempo, le giovani piaghe.
Nel trascorrere della vita,
nell'inverno incombente,
si inasprisce la ferita
del mio cuore
lontano e, muto,
mi lamento di un
dolore dell'anima
cupo come una
nuvola montana
gravida di tempesta.
Se l'amore è dolore, il dolore
non muta, col passare dei passi,
sempre più lenti ed esitanti.
Un dolore indocile che senti
nella vita, per la vita, tutta.
Come ti ho amato
come e quando e quanto
e dove e perché non lo ricordo
quasi,
non voglio ricordare
se non nei giorni
in cui non riesco a
liberarmi del
pensiero che torna
ed invischia, e mi inchioda.
Eppure non ci son più
le persone di allora
né le cose, non c'è
quel tempo né il tempo
che scompare venendo.
Il mio terrore è che questo
soffrire travalichi
quello che mi resta
e non mi lasci mai,
neppure dopo.
giba
__________________________________________
Fermi
Così immobili siamo,
nel nostro divenire
che nessuno si accorge
del mutare dei pioppi,
al passare del treno.
Abbiamo il posto ambito,
al finestrino che va.
Ci guarda angosciato,
il signore davanti
che soffre l'andare.
Tutum, passano i prati,
segnati da canali,
alla fine del regno.
Tatam, fa la rotaia
e ti accosta di lato.
Magia del viaggio,
sul treno antico,
dalle alte predelle:
magia, tatum.
Tatum.
Arriveremo.
Giba
________________________________
L'amore e basta
Se l'amore è silenzio taccio,
non parlo se l'amore è rumore,
non dico se l'amore è parola.
Amo l'amore per l'amore e basta.
Non so neppure se mi manchi l'amore
per l'amplesso, per i giochi di sesso.
Certo mi manca per quello,
ma sono i baci che mancano a me,
quelli furtivi nel sottoscala,
quel brancicare nel buio per pochi istanti
mentre l' amore mi riempiva tutto,
mentre volavo dove non sono cieli.
O care, o care, tutte nel mio cuore,
non senza preferenze ma con egual ricordo,
niente o molte che foste, e con egual rispetto.
Donne della mia esistenza , donne, donne del
mio respiro che vi fondono in una.
Donne, regalo al mondo ed alla vita, unica
sorte lieta per l'umana, maschile sorte,
unica perla
schiacciata col tacco, perdonate.
Perdonate, madonne e pezzentelle
questi ricchi o pezzenti che vi han preso,
senza amarvi e capire quel che siete.
Giba
__________________________________
Dentro
Così segreto è quel che sento dentro,
chiuso nella mia stessa incomprensione
che vorrei svelar me stesso a me stesso,
se non avessi paura di capire.
Quel che ieri era sotteso oggi lo intendo
come una crudeltà infinita, come azione
che fa dell'uomo solo la sua rabbia. Eppure
l'amore ci sarà, da qualche parte,
non così facile a cogliere, così volgare.
Ci sarà quell'amore che non colsi, per non far
male all'anima di una fanciulla in fiore, pur
amando. E senza amare non colsi, per rispetto
di me, che senza amore non so dare, per non
strappar di terra la margherita bianca.
Anch'io, come il poeta, amo i fior che non colsi
e un po' d'amaro mi resta dentro, sapendo, che forse
fui io a deludere chi mi si dava senza illusioni.
Ora che vedo la noia negli occhi dei ragazzi, ora
che vedo ragazzine ardite farsi avanti solo per
avere un avanzo di niente, non rimpiango quel
che ho lasciato intatto. Io sono un uomo che
ha amato sol chi ha amato, e fu per sempre.
giba
__________________________________
Rughe
Alla mia stanca mano qualcosa
in segreto sospira che la vista
si accorcia, ed un esile giovane
si allontana coi suoi, coi miei ricordi.
Non ho più amore per chi serbavo amore.
Non rivedo le giovani labbra che eran giovani
ieri, ed ora sono vizze e lontane, nel morto
amore che tanto mi affatica.
Ora guardo l'immobile canna e non
vedo smuoversi l'acqua. Le mie idee
sul fondo, non abboccano
all'amo. Nessun amo e lo sento.
Il tempo ha cancellato i disegni
e li ha resi qual sono diventati,
come l'immagine che mi ridà
lo specchio. Lo scopro or ora
ed ieri ero un fanciullo.
Amavo vite spente e lacerate, ieri,
mi sembravano vive.
Ora m'accorgo d'esser vicino ad un muro
macchiato di umide illusioni.
Ma certo, all'improvviso, deciderò
di chiudere i discorsi, e mi
rintanerò in un angolo,
dove lento si cancella il tempo.
La testa sulla spalla della notte,
che non vedrà più sorgere il mattino.
Sento che arriva il tempo.
Perdonate.
giba
__________________________________
Molok
Siani Città tremenda e disgraziata e splendida,
Città di cui amo ogni pietra ed odio il niente,
Che risorge dal continuare umano.
Città della mia vita, dei miei affetti,
Della mia gente a venire, dei miei
Sogni, delle mie irate disillusioni.
Città che dai ed uccidi, che ami cancellando,
Mia città dei tempi, della rabbia;
Finita nella rabbia senza arrabbiarsi mai,
Solo atteggiandosi al gesto del teatrante,
Che “cacciava” il coltello senza scopo.
Chi devo amare mai, così diversi i nostri
Inseparabili esseri e così eguali? Eguale a voi
Nell’ ironico spirito in cui eccellete, eppur lontano.
Vivo nella follia, nella violenza, nell’amore e nel tempo
Che lo oscura. Vivo vivendo un mondo senza eguali
Che sa dar morte e amore “pari pari“.
Odio chi amo, e sono molto stanco.
Giba
__________________________________
Tiberiade
A questa forza, quasi disperante,
debbo lo stare in piedi fra le onde,
come un povero cristo che cammina
verso una barca senza remi e vele.
Non so come si possa avere ancora
questa rassegnazione al nulla,
a camminar sull'acqua verso il niente.
Ci vuol forza infinita che mi è data
e che mi regge per le spalle, in piedi.
Forse, seduto sulla barca, al largo,
il dondolio mi cullerà, dell'onda,
come la nonna da bambino, piano.
Perché questa è la forza, ridere di
pianto, in questa allegra disperazione
che copre la mia vita in ogni istante.
Io so che basterebbe una parola,
perché la forza mi lasciasse andare,
ed affondare in questo lago
di Tiberiade che mi attende invano
ormai da tanti anni. Invece uso
questa debole forza che mi illude.
Giba
__________________________________
Banale
Resta poco del poco
e ancor più niente
del niente, enorme,
che assottiglia il nulla.
Iperbolici giochi di
parole o pianti di segrete
foreste, ove si muor di
sottoboschi umidi,
afflitti da schegge
di sole?
L'un mangia l'altro e
chi sopravvive se lo porta iddio
nel suo lontano mondo,
illuminato dall'assoluto
non sapere.
Fammi capire di capire,
prego
e poi non capirò e
sarò contento,
come chi crede nel ciottolo
e s' inchina.
Giba
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Attesa
Nel buio, graffiato da lievi suoni,
in cui il canto del grillo si fa acuto,
accendono in due, nella radura,
un piccolissimo lume, guardandosi
negli occhi, insonnoliti.
Lui le prende la mano e lei,
stringendosi la maglia, brividendo,
sussurra che il buio la
impaura. "Come un muro di morte,
attorno al lume"
Un sorriso la acquieta: "Attendi cara,
i nostri sogni sorgeranno all'alba. Per
ora riposano oltre il muro. Questo è un
muro d'attesa. Il lume ci accompagna ad
aspettare. Quando si spegnerà
vedremo il mare.
Giba
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Infinito tutto
La sera di questa estate di fuoco
attendo.
Ambisco le piogge d'autunno,
voluttuose e violente,
come una fresca carezza
di una forte, giovanissima
amante.
L' erba infinita della
infinita pianura dei miei sogni
sogno, fino al limite dell'infinito
stesso che si scontra
con pendici boscose
di altissimi monti,
al di là del pensiero.
Ci sia una fine all' infinito;
un sogno che fa curvare la retta.
Vedere un Dio che attende
con ironico sguardo.
Giba
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Polvere
Stanche stanze nel deserto,
colme di sottile polvere d'anni
come sabbia nera.
Stanche le stanze, le maniglie,
di stanchi mobili, stanche:
scurito il tutto, nel nulla accaduto
nel mio "dentro" che sembra
partorito ora, dalla calda giornata.
Eppure è un freddo pensiero
che appare in un brivido, apparente
dal fondo di un segreto conosciuto.
Bello è tutto, a vedersi, a sentirsi.
Tremendo il tutto se lo senti perduto.
Son tutti fiori, son brillanti eterni,
son cose dolci per un affamato
che non le avrà perché troppo
lontano, per poterle afferrare,
senza che cada la sua mano
prima.
Giba
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DESKTOP
L'estate si fa torrida
di scontati pensieri
e ti sorride storto
il pensiero del niente,
dell'avanzo dolente
del passato passato.
Un ridicolo orizzonte
di nuvole inventate,
la vita stravolta dal
resto del carlino
per un giornale usato
dagli angoli piegati.
Nulla è cambiato e
nulla è, quindi, nuovo.
Milioni di parole non
aprono i miei pensieri
ma li chiudono al nulla
dalla morte alla culla.
Siamo serviti? Forse,
ma certo non serviamo.
Vediamo il limite
al limitar del legno
che regge una finestra
su una vita non vita.
La vecchiaia ti scolora.
giba
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Una croce?
Nacque la croce
dal cielo e cadde
fra noi, come un
futuro ricordo.
Eravamo senza croci
ma venne, ci segnò,
noi ci segnammo e si
morì da allora, senza
l'inconsapevolezza.
Una croce per noi,
le nostre strane
scivolate nell'essere,
le sofferenze e l'amore,
l'inutilità.
Una croce per ricordare
le croci senza croci
che già c'erano; per
dire che siam poco
e si sapeva.
Perché a segnar la vita,
non servivano croci,
bastava un male sordo
in fondo all'essere.
Giba
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Così
Una poesia storta,
come la vita che pare storta
a noi che non sappiamo.
Vedi, nulla sappiamo della morte
e nulla sarebbe, se sapessimo
della vita. No, non sappiamo.
A cosa addebitare i dolori
a cosa la ferocia del niente?
A niente. Siamo e basta.
Quarti di bue appesi ai ganci
del macellaio, o somiglianza di Dio?
No, non sappiamo.
Sai niente della vita fra un secondo?
Nulla. Un desolante nulla per la nostra
presunzione. Non sappiamo.
Ma chi conosce Dio sa tutto: lui
lo sa. Conosce. Pover'uomo.
Povero è lui e chi di noi gli crede.
giba
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Il non ricordo
Lo sai, di te io non
ricordo il nome.
Eppure fosti tanto,
mi fosti tanto e
tanto, perché, non so perché,
mi amasti. Io te lo dissi,
guarda che per me sei poco
e tu accettasti. Ed eri bella,
ed alta e morbida ed avevi,
quando ti stringevo,
un profumo leggero.
Scrivesti una poesia,
poverello, per me,
che pur diceva:
"Come un vento tu sei,
che appare all'improvviso,
ti solleva le vesti,
ti scompiglia i capelli..."
e finiva,
"ma qualcosa è sconvolto,
distrutto dalla sua follia...."
Ricordo che eri bella, e che sei
parte importante della mia vita
ma non so più il tuo nome.
Questo mi danna, e vorrei dirti:
"Cara, verdi i tuoi occhi e rossi
i tuoi capelli, il tuo parlare
fu unico al mio cuore.
Io non ti amai, ma t'amo tanto,
ora.
Perdonami la vita che è passata".
giba
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Nuova
Mandami o cara
una poesia novella,
fiorita di immagini
assonanti,
come la frasca
di una nuova rima.
Mandami il sole caldo
in una tazza ed il colore
lento delle gore,
ma misurate
su una media
stazza.
Il rotolar del fiume sullo stecco,
umiliato dal viscido fluire,
che accorre in un moderno
divenire.
Mandami un fiore rosso sulla
riva, che appare fiore e
fiore se ne va.
Io correrò su questa foglia
verde, che è verde ora
e certo ingrigirà.
Giba
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I personaggi
Di questo palcoscenico spropositato
di cui calchiamo tavole ineguali,
noi viviamo la nostra parte
essendo personaggi e non interpreti.
Percorriamo una tragedia già scritta
cui non possiamo apportare varianti.
Noi non siamo, viviamo l'apparenza
non essendo ma fingendo di essere.
Dietro le quinte sorride Mangiafuoco
ed attende che cali il sipario.
Da questo teatro usciranno fantasmi,
come aliti di vento che si perdono
senza impronte o ricordi duraturi.
Noi tutti siamo l'infinito nulla.
Giba
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Nataliade
E' senza attesa che si gode
il tempo. Non occorre il
domani per amare né
per avere. Solo, un vicolo
di vita da aspettare.
Godo il Natale, il mio
sesto Natale
E i primi cinque, Dio lo sa,
li ho avuti.
giba Magia strana del tempo,
Così mi accorgo
che il passare del tempo
sgombra il cielo della
mente, rarefacendo i pensieri.
Li rende liberi e strani
e ti ripensi e capisci che
gli anni, cogliendo poche idee
dal tumultuare svanente dei sogni,
accozzanti coi sogni, le fa
nuove e lustre.
Ti illumina il tempo e
svela, all'improvviso, un
mondo nuovo, diverso e non
migliore. Capisci.
Forse fu fortuna per
tanti aver preso la via
dell'uscio di questa casa
di storti muri e di porte
fesse. Forse sarebbe stato
meglio non aver tempo di
vedere. Non sapere.
Alla fine del tempo l'ironia
si rende angoscia allegra,
ossimoro che fa questo
cammino inutile nel tempo.
Se è stato tempo e se fu
cammino.
giba
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Ciò che sa dire il poeta
Il poeta apre l'anima, piano,
con mani di tiepido vento.
Ti dice l'amore e la vita,
la morte e il dolore ti dice.
E' così facile darsi, farsi
vedere dentro la carità e l'odio,
tutto. Passa dal poeta il filo
che lega tutti i pensieri,
di tutti gli esseri al mondo.
Passa e lui vede i tuoi
pensieri, così simili ai
suoi, così evidenti per tutti.
Lui, come te, è un impasto
di gioia e dolore, di nascosta
paura del nulla.
La crudeltà,la follia,
sono solo il modo,inutile,
di esorcizzare la fine
di una frase
cui nessuno potrà evitare
il punto.
giba
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Sapere
Che delusa magia
quella del niente.
Sapere di sapere
e non sapere.
Io punto a Dio
e finisco,
all'albero vicino.
Freccia spuntata.
Lento reclina il capo
che si regge su ossa
doloranti, si abbandona
alla spalla insicura.
Seduto qui, all'angolo
dei mondi, vedo cose finite
e mi converto al nulla,
come illuminato.
Ogni sera mi invento un Dio
che duole, e mi dolgo del Dio
che non appare. Perché
dovrebbe? Sono un accattone.
Accetto quel che Dio non mi può dare,
il sogno di una notte in fondo al mare.
Giba
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A Meri
Amo le vie
di mezzo;
non il riso,
il sorriso;
non la notte,
la sera;
non il pianto,
la malinconia.
Amo le rondini,
sospese
a mezza via,
fra terra e cielo.
Amo l'amore,
quel tanto
che basta,
per odiarti
un pochino....
giba
__________________________________
DOMANI
Si fa crepuscolo,
la sera condivisa
delle cose.
Fino ad ora,
ho giocato ai riporti
col pensiero,
rimandando di un poco,
un attimo di tempo,
lo sfiorire
degli occhi della mente.
Ora davvero il punto
si fa punto,
senza remissione.
D'ora in avanti sarò
soltanto quel che fui:
sopravvissuto.
Il tempo si fa vago,
svalutato
dall'indifferenza,
come il rimasuglio,
prezioso e e repellente,
dei resti in fondo
al piatto,
nell'attesa
di un getto d'acqua
e di schiuma.
Sento vagar per casa,
come per una veglia,
la mia gente a festeggiare
quel che molti non sanno
cosa sia. L'allegra fine
della vita mia.
Giba
__________________________________
Sortir de chez soi
Conosci il vino
con le bollicine
e la rosa,
pendula nel vaso
lungo e stretto,
di cristallo opaco?
Ricordi quei sorrisi
ed il tuo dire,
cortese e lieve
come la tua mano,
che sfiorava la mia,
senza parere?
Una città d'oltralpe,
non ricordo
se lontana o vicina,
e mi dicevi che era
dolce il francese
su una bocca italiana.
Pensavo ai tuoi occhi
grigi, al tuo sorriso,
a quanto dolce sarebbe
stata, una bocca francese,
su labbra italiane.
Che posso farci
se al ricordo
mi soffre ancora tanto,
ma tanto, il cuore?
giba
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Il lontano vicino
Canto un amore
fragile ed antico,
fragile come il fiore,
antico come il vento.
Eppure se mi chino
scopro che il fiore
è fresco di rugiada
e il vento s'è quietato
per tanti anni, che
nulla manca mai fra
le mie braccia; ma sì
vicino a un cuore
che mi impaccia,
perché batte ad un
ritmo giovinetto,
e finirà con lo
squarciarmi il petto.
Giba
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Rita
Piango con te, amore mio,
l'ultimo passo. Insieme
andiamo, insieme, e se
ci fosse di che voltarsi
ti direi: facciamolo.
Non sarai di sale, ferma
a contemplare, la città
in fiamme. Sarai, dolci
i tuoi occhi, a riguardare
i trascorsi ruscelli e le
fatiche, tanto lievi
insieme, superate.
Giba
__________________________________
Rimorsi
Riemergono i rimorsi.
Mie le colpe che sento,
come se fossi tanto
da poterne avere.
Non possiamo aver rimorsi,
io o nessuno. Noi siamo la
cabala, la sorte. Siamo il
niente che crede di potere.
Non possiamo. Tutto è
preordinato,
tutto scritto
dal libro del vento.
Possiamo solo prendere il
sentiero. Salire il nulla
come fosse vero. Un nulla
che ci incolpa, ma di cosa?
Non c'è nessun arbitrio,
libero men che meno.
C'è l'attesa di sapere
qualcosa che non c'è.
Un Dio che non ci riguarda
e non ci guarda. Siamo
qualcosa, la virgola sul fiume,
assorbita da un battere di cuore.
Giba
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Il viaggio
Fu la Bellezza a sciogliere le cime
e la nave salpò verso l'oriente.
Andò via sul filo dei venti
quella antichissima nave
desolata, col carico di tutti
i valori derisi, da malvagi
pensieri.
Era l'autunno, temuto dalle rose.
Era l'autunno del nostro autunno,
intriso di paure e di pace sorpresa.
Noi tutti aspettavamo il giorno
nuovo, ma non fu giorno e tacque
nella notte, con gatti tristi
e grandi topi affranti.
Quando alla fine si destò il
vento, e la nave rincorse
l'orizzonte, fu la Bellezza a lasciar
campo al Tempo.
Fu un errore tremendo. Col timone
aumentò il Tempo e la Bellezza
sparve, nel ringhiare dell'onda.
Quando attraccò la nave nel
porto dei Valori, si scaricarono
i pensieri antichi, quelli dell'uomo
e dell'angoscia pesa.
Alla Bellezza non parlò
nessuno, ché nell'angolo stava
della stiva, non essendo più tale.
Il Tempo presentò, con un sorriso
ampio come il venire della notte,
i pensieri dell'uomo sul piazzale
ove i valori avean valore immenso.
Fu soltanto sul fare della sera,
che il tempo ritirò la sua mercede:
una falsa moneta di Cellini.
Giba
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TI ASCOLTERO'
Puoi dire: non volterò
il pensiero, seguirò la
tua penna o le tue labbra,
come un religioso me stesso.
Io sono te perché so
che tu sei quel che son io.
sono tuoi i miei sbagli
tuoi i miei odi ed i tuoi
amori, siamo venuti dallo
stesso grembo. Uguali.
Inutile confessare a me
gli sbagli, sono i miei.
Amo per questo chi mi odia
e l'odio se dice il vero.
Un odio che nasconde
a sé stesso quel che di sé
non vuol sapere.
Che grande sbaglio il credere
d'esser colpevoli del siamo.
Hanno nascosto in noi,
nei millenni, la colpa
d'essere nati, per un caso,
in questa gerla d'amore e
di tormento.
Giba
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