Natale 2013, Alessio ed io
Natale 2013, Alessio ed io

TRE

 

SO CHE VERRAI

 

So già che verrai e

scenderai dalla slitta

piano piano, trascinando

il tuo sacco di regali.

So che verrai a sederti

nella mia privatissima

stanza, sulla vecchia

poltrona, brontolando.

Ti verserò da bere e parleremo

fra vecchi; e chiederò

 

ragione della tua fatica

d'esser vecchio da sempre.

Tu mi dirai che è duro nascer ciechi,

ma che è più duro diventarlo,

per chi la gioventù conobbe

ed ora si disfà, come un bimbo lontano.

E se riuscissi, dal sogno alla realtà

 

a scambiare le parti ed a lasciarti,

seduto a questa tavola imbandita

di sogni che si sciupan, piano piano?

Eccomi sulla slitta, con le briglie

delle docili renne fra le mani,

con la certezza d'esser vecchio oggi,

con la certezza d'esserci domani.

 

08-12-2003 17:10

 

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LO SGUARDO

 

Un fulmine:

rompe il cielo

come se fosse di carta.

Tutto è congelato

davanti ai miei occhi

che restano ciechi

al futuro.

Tace la notte

degli insonni

ed affacciato

al balcone di quest'isola

di sonno rimandato,

ti vedo montagna

che ritardi il risveglio.

Chissà se deciderai

di svegliarti,

quando andrò

a dormire.

A volte la morte

ride della vita.

Non sa che ne fa

parte, come l'arcobaleno

della pioggia.

 

giba

21-12-2003 18:47

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Solo poche parole

 

Sarò breve:

la mano si distende,

si riposa la mente.

Sussurriamo

quel che vogliamo

dire.

La gente ci comprende,

sa quel che non diciamo.

 

giba

27-12-2003 12:08

 

______________________________________ 

 

Si ricomincia, Sari

 

Più stanco il tempo

la salita più erta,

si ricomincia a salire

piano,

finché non capiremo

che non è salita

ma discesa, questa

che tanto ci affatica.

 

giba

04-03-2004 16:57

 

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Ipotesi

 

Fu quando Dio rispose,

unica volta,

all'uomo carico

d'angoscia.

Senza speranza

d'aver riscontro

l'uomo, giunte le

mani, chiedeva

il perché

 

di tanto dolore.

Dio, seduto

al suo fianco,

invisibile,

rispose:

"Senza dolore

nessuno di voi

parlerebbe con me".

 

giba

08-03-2004 18:03

 

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Soltanto fumo

 

Un fiume di parole

accavallate e scisse

in sillabe sonanti che,

sorgenti dal cervello

vanno al cuore.

No, non c'è tempo ormai

per le parole volute,

ragionate, con un senso.

E' tempo dei ricordi e

degli affanni,

del dolore nel tempo e nei

pensieri, del lacerio di

pagine sbiadite, che vanno

cancellate dall'essenza.

Non potrà mai qualcuno,

dopo me, curiosare

fra i miei doni segreti,

legger le linee di una mano in

dolcissime linee affusolata,

che mi parlò d'amore,

e quanto amore,

cent' anni fa trascorsi in un

minuto.

No, brucio quelle carte e

il loro fumo, mi finisce negli occhi.

Fa lacrimare gli occhi, il fumo,

vero?

 

giba

30-03-2004 18:00

 

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Dedicato al papà di L.

 

L'arrivo

Ora che mi hai liberato

del mio rugoso involucro,

non mi lasciare solo,

nell'aria chiara, a

costeggiare nuvole,

come nella fiaba

di capitan Uncino.

Dammi, ti prego,

per compagna

una rondine,

come me eterna,

che come me plani

sulle miserie lasciate,

con ali immobili,

godendo il fresco

dell'aria che scorre,

vicino al castello

costruito da Dio,

in felicissima

pace.

 

giba

06-04-2004 18:14

 

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NOI

 

Nell'aria

la bestemmia

tagliò,

come un rasoio,

la mia anima laica.

Dio non ha mani né piedi

né pensieri.

Non sa cos'è la pena

e la pietà:

non le nostre,

che neppure abbiamo.

Dio ha le ragioni di Dio.

Taciamo ed aspettiamo.

Forse, alle radici del

tempo finito

ci spetterà un piccolo

lampo di conoscenza.

Forse il silenzio,

la pace del pensiero.

 

26-04-2004 17:42

 

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COME

 

Come ne esco:

come di parole,

di letture, di idee,

di vita che rischia

di passare

in sottordine

ai miei sogni,

posso riempire il

tempo che ci resta?

Ora, magicamente,

piove, non sui silvani

volti ma su volti

diversi, indifferenti.

Piove e non ci sono

tamerici né salmastre

né arse, ma torture

che fanno povero

il torturatore.

Questo rendersi conto

ancora e ancora,

che nulla è quel

che speri

e che sei uguale,

a tutti gli altri

uomo pure tu,

mi riempie di lacrime

i pensieri.

Tutti amorosi siamo

ed assassini,

tutti buoni e cattivi,

tutti uguali.

Nessun Dio ci ha dato mai

il permesso

di crederci diversi:

questo è il punto.

Uomini e basta

e questo è quanto,

Dio.

 

06-05-2004 16:26

 

______________________________________

 

Perché?

 

Oh! Noi che camminiamo

per queste strade

che non sono mai state

le nostre strade.

Strade

che non lo furono

neppure

per chi le fece.

Oh! Noi che ci illudiamo

di vivere qualcosa

di reale

percorrendo il tempo.

Salutiamo

le case che sono,

perché saranno e

la gente che passa,

perché sarà passata.

Un dagherrotipo

di una città piena

di inutili viandanti,

che fan gesti

da vivi e sono,

solamente, solamente,

solamente impressioni.

 

15-05-2004 15:46

 

______________________________________________

 

Si è fermata...

 

Si fermò la poesia,

così, di sera, e si

spensero l'ore,

per un poco.

Ma quando, col mattino,

nelle strade si riprese

ad andare, la poesia

era fuggita. Nessuno

scrisse più

neppure un verso.

Le anime gelate dei

poeti, non seppero mai

dare, con l'accordo,

alle vuote parole

senza amore,

neppure l'ombra

di un significato.

Ora siam tutti qui,

che camminiamo,

col cuore fermo,

ma non lo sappiamo.

Si fermò la poesia,

così, di sera

e si fermò la vita

a poco a poco.

 

giba

22-05-2004 23:46

 

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Senza ...

 

Lontano, svanisce nel tempo

il volto della memoria.

Diventano fatue le statue

di chi ci appartenne.

Quei volti sbiadiscono piano,

gli stessi, precisi fin'ora,

vivaci nel rinnovarsi

nella remota impressione.

Il gioco è cessato: è una mano

che spinge quegli anni lontano,

un'altra ti preme sul petto,

spingendoti indietro, ma piano,

ti parla una voce di gelo

dicendoti: " Basta, scaduti

i diritti non puoi rivedere i suoi

occhi, non puoi risentire il

suo riso. Sfiorito è il suo seno,

è finita". Lontano, continua la vita.

 

giba

 07-06-2004 17:19

 

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DOMANI

 

Si fa crepuscolo,

la sera condivisa

delle cose.

Fino ad ora,

ho giocato ai riporti

col pensiero,

rimandando di un poco,

un attimo di tempo,

lo sfiorire

degli occhi della mente.

Ora davvero il punto

si fa punto,

senza remissione.

D'ora in avanti sarò

soltanto quel che fui:

sopravvissuto.

Il tempo si fa vago,

svalutato

dall'indifferenza,

come il rimasuglio,

prezioso e  repellente,

dei resti in

fondo al piatto,

nell'attesa

di un getto d'acqua

e di schiuma.

Sento vagar per casa,

come per una veglia,

la mia gente a festeggiare

quel che molti non sanno

cosa sia. L'allegra fine

della vita mia.

 

Giba

 03-07-2004 17:52

 

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Sortir de chez soi

 

Conosci il vino

con le bollicine

e la rosa,

pendula nel vaso

lungo e stretto,

di cristallo opaco?

Ricordi quei sorrisi

ed il tuo dire,

cortese e lieve

come la tua mano,

che sfiorava la mia,

senza parere?

Una città d'oltralpe,

non ricordo

se lontana o vicina,

e mi dicevi che era

dolce il francese

su una bocca italiana.

Pensavo ai tuoi occhi

grigi, al tuo sorriso,

a quanto dolce sarebbe

stata

una bocca francese,

su labbra italiane.

Che posso farci

se al ricordo

mi soffre ancora tanto,

ma tanto, il cuore?

 

giba

09-07-2004 18:42

 

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 Solo

 

Il segreto

Sarà lunga l'attesa

ed io vorrei,

che tu partissi oggi

e non domani,

per accorciar

di un giorno

questa pena.

Va' prima,

torna prima

e nell'attesa,

racconterò a me

stesso

il tuo ritorno,

già sì lontano

prima

che tu vada.

 

06-08-2004 17:18

 

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In sogno

 

Soltanto adesso,

che è due volte sera,

emergono

dal bòsco degli amici,

alberi a volte già

abbattuti

dalle bufere della vita.

Li ritrovo verdi

come pini di mare,

giovani ed alti

e mi ritrovo

ad ondeggiar con loro,

felice

della mia flessibile

gioventù,

al vento di ponente.

 

giba

19-08-2004 12:47

 

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Sono

-

Taci, silenzio.
Su una tavola di abete
stesa appena sotto il cielo,
sopra le stelle,
scivola il mio pensiero
alto e stupido,
come se fossi un uomo.
Ma sono un uomo e
quale uomo io sia
non servirà a nessuno.


Si corre sui murazzi
vicini al fiume, guardando
le inutili carole
dell’acqua che scorre.
Non serve. Non il dire
che la vita è qualcosa.


La vita è l’emozione che
stringe la gola ed è
un fuggevole,
splendido regalo
ad un bambino,
strappato poi, dalla
sempre piccola mano,
appena inteso.

Dio, se c’è dio,
piangete tutti con me
questa inutile festa
di pensieri, di intese,
d’amore che ti piega
alla dolcezza dolorosa
sempre.

Vorrei chiedere conto
della vita e non posso.
nessuno ha inteso offendermi
o sorridermi.

Si tace e basta,
attendendo il basta
e basta.


giba

 

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Noi che siamo 

 

 

Amica, noi che siamo il
dicembre della vita, viviamo
questo ottobre che s'affaccia
con lacrime di foglie
sul cordolo dei
marciapiedi umidi e stanchi.
Dono, infine, di un dono,
come fosse pescato nel tino
del tempo con un mestolo
di legno e versato nel piatto,
ormai incrinato, della vita
che resta.

Sì, restiamo a guardare,
ancora una volta, lamine
e lembi delle foglie rossicce
rovesciate, come corpi esausti.
E la poesia si fa infinito, dentro.

Giba

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La Poesia si annida
nel cuore del pensiero
come uovo di cuculo.

Cresce e ne espelle
la logica e sua sorella,
la ragione. Occupa
tutto lo spazio del
nulla, la Poesia. Lo
rende musica sognata,
sul rigo dei sentimenti,
come un susseguirsi
di crome e biscrome
che parlano a qualcosa,
dentro di te, che non sai.

Non sai il motivo della
dolcezza triste che ti prende
come tu fossi bozzolo e lei
il baco, lo stesso che ti fece
e che si avvolge di te,
morbido e lento.

Occorrerà aspettare
ancora un poco che la poesia
diventi enorme. Il tuo
povero bozzolo non la potrà
contenere e si aprirà,
come un'offerta sacrificale
al Dio del nulla.

Giba

 

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Il fiore

Nell'ora del silenzio
ove più l'ore
si fanno buie, tu
sereno ricordi
le parole dell'uomo
il cui fiore era in bocca.

Un nome, sosteneva, dolce
come quello di un fiore. Ed
era un fiore nato sulla carne,
ancor più bello,
più perfetto di quelli
nati da terra, ché
terra siamo e terra tutti,
Dio pur compreso, credo.

Compreso solo in parte ma
compreso. In questo cruciverba
che pur la gente esclude dalle
sue parole, per farle mie soltanto
e non è vero, vorrei poter contare,
come gocce d'eterno, le parole
che mi disse mia nonna sulla nube
alta lassù, dove la sua casetta
può essere trovata. Io la trovai.

Tutta la vita la trovai e quando
il fiore sboccerà,
quel fiore in bocca,
dirà la strada per aver
la pace.

Giba

 

 

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Era un giardino

 

Certo era un giardino
l'ormai incolto groviglio
di lontani ricordi soffocati
o svaniti nel nulla.

Dove trovi gramigna c'eran fiori,
c'eran fanciulle dove trovi sassi.
E' inutile il ritorno sul
sentiero cancellato dagli anni.

Rotoli di sterpaglia rinsecchita
in luogo di una pagina fiorita
di amorosi pensieri e desideri
sepolti fra le calpestate erbacce.

Inutile il ricordo, anzi dannoso,
perché fra gli ectoplasmi c'è il
veleno delle notti perdute a rivedere
dei volti ormai appassiti oppur perduti.

Sì, forse è santo il calare della luce,
l'offuscarsi del tempo e dei pensieri,
il morir dei sognati desideri,
questo andare per mare senza lumi.

 

giba

 

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Come nasce


Microscopica parola
con un codino sventolante
che si infila nell'ovulo
di un dolcissimo,
femminile pensiero
e si divide,
moltiplicandosi in versi.
Nasce la poesia....

Giba

 

 

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L'elmo 

 

Salire per strade sconosciute
e strane, irte di basoli
e sofferenze millenarie.

Andar, con ironica sofferenza,
sulla obbligata via della resa.
Poi trovi il tutto in un tranquillo
riso, una curiosità su chi ti tocca
e guarda, un non poter far niente
oltre all'andare.

Tu vai sulla speranza e sai che manca,
ridi di te pensando a te bambino,
le gambine piegate sui ginocchi
e le palline di creta colorate.

Miravi al mucchio ed era tua la sorte,
se la piramide cedeva, sparsa.
Di colpo ti ritrovi qui, a finire
fra i merli morti delle mura antiche
di una antica città che, ancora,
è per te Babilonia.

Il tempo non passò, non passa ora.
Vedo negli occhi di chi mi cura,
affettuosa impotenza,
e tanto basta.

Il mio elmo non è
un semplice bacile.
Morrò qui,
ai piedi dei mulini a vento.

Giba

-

Vera, lunga, stramba poesia

  

Vera davvero, ora lo so.
Vera per la mia vita il suo
servire, come pioggia sul fico,
d'estate. Lunga la vita e solo ora
il rapporto si fa lieve.
Breve la mia poesia.
Vorrei dire che il senso
del niente è desolante
e che la vita non dura
quanto il suono dell'anima.

Non resta traccia
di queste povere poesie ambulanti
nel cuore di chi ha cuore
e che verrà. Vale per oggi e solo
per un attimo,
lo strofinio delle
zampe di un grillo:
io grillo.

Suono ed attendo
come Paganini,
che il suono sia compreso;
no, non ripeto.

-

Giba

 

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All'improvviso

 

 

Fu quando arrivò Cristo, all’improvviso,
Dopo l’orto e dopo la passione,
dopo la croce ed il sudor di sangue.

Egli era nella casa di suo Padre, e
si trovò su una collina brulla,
con l’infinito avanti e un focherello.
Con una fiamma come di candela.

Lui unico legittimo, unico figlio
dell’immenso creatore delle cose,
si volse intorno a cercar manna e
rose, ed alberi fruscianti e morbidi
cuscini, ed angeli pietosi.

Nulla di tutto questo, solo un
vago sentor di vita eterna
rivòlta all’annottare di una
notte divelta dal futuro,
non essendoci il Sole più a calare
né l’orizzonte a scendere lontano.

E Cristo sanguinante si deterse,
con un sorriso il sangue dalla
fronte, e spense con due dita
la candela. La notte scese,
infinita.

giba

 

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Tutto,
tutto il mio corpo e
il mio sentire, tutto.
Tutto quel che non posso
controllare
delle mie mani e del mio
sesso, tutto.

Una nuvola nera di follia,
una bianca di dolcezza lieve,
tutto di me, più che l'anima
il fondo del mio pensiero
chiuso, oscurato da un
soffrire crudo.

Perché non so, quando ti stringo,
nulla di quel che sono né di quel che sei.
Non so se sono tue le forme e
miei gli impulsi,
non so se ucciderei, se non mi amassi.

Confondo il tuo col mio,
come se fosse un unico inferno
di sospiri questa unica anima
di niente che ci ordina la
vita e il possedere.

Io sono dentro la tua vita e muoio.


Giba

 

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 Chi tu sia sia

 

non lo so,


non ti conosco.
Ma certo che ci sei,
sono sicuro.

Chi tu sia sia
non so.
Ti parlo senza che tu
possa aver mai avuto orecchi
per narrarti il mio nulla.

Chi sia tu non so. Ho smesso
di domandarmelo e basta.

Solo,


vorrei dirti una cosa che già
sai, come tutte le cose.

Fossi vissuto tre minuti,
quei tre minuti,
per quel bacio,
solo quello,
sorriderei.

Grazie per me, fortunato,
per chi accetta ed attende,
ed ora attendo.

Se mi chiedo perché,
fra milioni, a me sia stata
data la sorte, non capisco.

Non ci sono numeri
fortunati. Tutto è
previsto, sempre.

Non so perché, ma grazie,
grazie tante. Perché?

 

Giba

 

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SERA

 

Una sera così, mai vista.
Il Sole sarà sale alla caduta
e correranno i merli a rifugiarsi,
fischiando nella notte.

Stasera.

Sai quella sottile aria in primavera
che ti prende i sensi
e ti fa a sedici anni, inturgidire?
Sai la vita?

Bene, sarà la vita, questa sera.
Correremo sulle frasche, come scimmie
impazzite sui rami del pensiero.

Stasera vedrai, correranno i ragni
sull'albero e suonerà la "quinta".
Ci sarà l'amore di nuovo, quello vero,
quello che finisce e ti resta, fuori,
come un incancellabile tatuaggio
e dentro come pagina del nulla.

Se ci sarà la sera, questa sera.

Giba

 

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Amico 

 

Mi riesce lento sai,
amico, il dire il nulla
che è prima del muoversi.

Eppure ci siam mossi,
abbiamo fatto figli ed albe,
abbiamo amato e siam morti,
tanto, dentro, fino a morir
davvero.

Di te resta l'attesa, di me
il niente che ti attende domani.
Un salto di generazioni, il soffio
nel respiro di un drago, senza fiamme.

Difficile dirti ed amarti
come amai me stesso, come uomo.
Non sperare, lotta, non cercare l'amore
ma attendi il suo avviso.

Eppure l'amore continua
oltre l'amore che finisce,
nella notte dell'alba
che ritorna. Figli,
figli dorati e veri, figli,
un giorno ingrati: figli.

Un incarico voluto, accettato,
preso. Figli: la nostra cambiale
per un futuro incerto.

Resteremo, per loro,
quel che non siamo più.
Così vanno le cose, le cose
che passano ondeggiando verso il nulla.

Giba


Marmare 

 

Il mare urla
sugli scogli silenti
rimbombando,
ed il silenzio
fa da eco al suono.

La mia attesa è seduta
ed aspetta, senza saperlo,
che il rumore si quieti
dando pace.

Non sarà pace ma angoscia,
non più distratta dal rumore,
a risalir dal fondo
sopito del sapere
che si farà aspra
coscienza.

Eppure la sottile ansia distratta
è più dolorosa del reale.
Il male, a volte, è meglio
averlo in casa che alla porta.

Il mare urla ancora,
per ora,
il suo lamento.

Giba

 

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Non guariamo 


No, non è vero che lenisce,
il tempo, le giovani piaghe.
Nel trascorrere della vita,
nell'inverno incombente,
si inasprisce la ferita
del mio cuore

lontano e, muto,
mi lamento di un

dolore dell'anima
cupo come una

nuvola montana
gravida di tempesta.

  

Se l'amore è dolore, il dolore
non muta, col passare dei passi,
sempre più lenti ed esitanti.
Un dolore indocile che senti
nella vita, per la vita, tutta.

Come ti ho amato

come e quando e quanto
e dove e perché non lo ricordo

quasi,
non voglio ricordare

se non nei giorni
in cui non riesco a

liberarmi del
pensiero che torna

ed invischia, e mi inchioda.

Eppure non ci son più

le persone di allora
né le cose, non c'è

quel tempo né il tempo
che scompare venendo.

Il mio terrore è che questo
soffrire travalichi

quello che mi resta
e non mi lasci mai,

neppure dopo.

  

giba

 

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Fermi

 

Così immobili siamo,
nel nostro divenire
che nessuno si accorge
del mutare dei pioppi,
al passare del treno.

Abbiamo il posto ambito,
al finestrino che va.
Ci guarda angosciato,
il signore davanti
che soffre l'andare.

Tutum, passano i prati,
segnati da canali,
alla fine del regno.
Tatam, fa la rotaia
e ti accosta di lato.

Magia del viaggio,
sul treno antico,
dalle alte predelle:
magia, tatum.
Tatum.

Arriveremo.

 

Giba

 

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L'amore e basta 


Se l'amore è silenzio taccio,
non parlo se l'amore è rumore,
non dico se l'amore è parola.

Amo l'amore per l'amore e basta.

Non so neppure se mi manchi l'amore
per l'amplesso, per i giochi di sesso.

Certo mi manca per quello,
ma sono i baci che mancano a me,
quelli furtivi nel sottoscala,
quel brancicare nel buio per pochi istanti
mentre l' amore mi riempiva tutto,
mentre volavo dove non sono cieli.

O care, o care, tutte nel mio cuore,
non senza preferenze ma con egual ricordo,
niente o molte che foste, e con egual rispetto.

Donne della mia esistenza , donne, donne del
mio respiro che vi fondono in una.

Donne, regalo al mondo ed alla vita, unica
sorte lieta per l'umana, maschile sorte,

unica perla
schiacciata col tacco, perdonate.

Perdonate, madonne e pezzentelle
questi ricchi o pezzenti che vi han preso,
senza amarvi e capire quel che siete.

 

Giba

 

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Dentro 


Così segreto è quel che sento dentro,
chiuso nella mia stessa incomprensione
che vorrei svelar me stesso a me stesso,
se non avessi paura di capire.

Quel che ieri era sotteso oggi lo intendo
come una crudeltà infinita, come azione
che fa dell'uomo solo la sua rabbia. Eppure
l'amore ci sarà, da qualche parte,
non così facile a cogliere, così volgare.

Ci sarà quell'amore che non colsi, per non far
male all'anima di una fanciulla in fiore, pur
amando. E senza amare non colsi, per rispetto
di me, che senza amore non so dare, per non
strappar di terra la margherita bianca.

Anch'io, come il poeta, amo i fior che non colsi
e un po' d'amaro mi resta dentro, sapendo, che forse
fui io a deludere chi mi si dava senza illusioni. 

Ora che vedo la noia negli occhi dei ragazzi, ora
che vedo ragazzine ardite farsi avanti solo per
avere un avanzo di niente, non rimpiango quel
che ho lasciato intatto. Io sono un uomo che
ha amato sol chi ha amato, e fu per sempre.

 

giba

 

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Rughe 


Alla mia stanca mano qualcosa
in segreto sospira che la vista
si accorcia, ed un esile giovane
si allontana coi suoi, coi miei ricordi.

Non ho più amore per chi serbavo amore.
Non rivedo le giovani labbra che eran giovani
ieri, ed ora sono vizze e lontane, nel morto
amore che tanto mi affatica.

Ora guardo l'immobile canna e non
vedo smuoversi l'acqua. Le mie idee
sul fondo, non abboccano
all'amo. Nessun amo e lo sento.

Il tempo ha cancellato i disegni
e li ha resi qual sono diventati,
come l'immagine che mi ridà
lo specchio. Lo scopro or ora
ed ieri ero un fanciullo.

Amavo vite spente e lacerate, ieri,
mi sembravano vive.
Ora m'accorgo d'esser vicino ad un muro
macchiato di umide illusioni.

Ma certo, all'improvviso, deciderò
di chiudere i discorsi, e mi
rintanerò in un angolo,
dove lento si cancella il tempo.

La testa sulla spalla della notte,
che non vedrà più sorgere il mattino.

Sento che arriva il tempo.

Perdonate.

giba

 

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Molok

 

Siani Città tremenda e disgraziata e splendida,
Città di cui amo ogni pietra ed odio il niente,
Che risorge dal continuare umano.

Città della mia vita, dei miei affetti,
Della mia gente a venire, dei miei
Sogni, delle mie irate disillusioni.

Città che dai ed uccidi, che ami cancellando,
Mia città dei tempi, della rabbia;
Finita nella rabbia senza arrabbiarsi mai,
Solo atteggiandosi al gesto del teatrante,
Che “cacciava” il coltello senza scopo.

Chi devo amare mai, così diversi i nostri
Inseparabili esseri e così eguali? Eguale a voi
Nell’ ironico spirito in cui eccellete, eppur lontano.

Vivo nella follia, nella violenza, nell’amore e nel tempo
Che lo oscura. Vivo vivendo un mondo senza eguali
Che sa dar morte e amore “pari pari“.

Odio chi amo, e sono molto stanco.


Giba

 

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Tiberiade   

 

A questa forza, quasi disperante,
debbo lo stare in piedi fra le onde,
come un povero cristo che cammina
verso una barca senza remi e vele.

Non so come si possa avere ancora
questa rassegnazione al nulla,
a camminar sull'acqua verso il niente.
Ci vuol forza infinita che mi è data
e che mi regge per le spalle, in piedi.

Forse, seduto sulla barca, al largo,
il dondolio mi cullerà, dell'onda,
come la nonna da bambino, piano.

Perché questa è la forza, ridere di
pianto, in questa allegra disperazione
che copre la mia vita in ogni istante.

Io so che basterebbe una parola,
perché la forza mi lasciasse andare,
ed affondare in questo lago
di Tiberiade che mi attende invano
ormai da tanti anni. Invece uso
questa debole forza che mi illude.

 

Giba

 

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Banale

Resta poco del poco
e ancor più niente
del niente, enorme,
che assottiglia il nulla.

Iperbolici giochi di
parole o pianti di segrete
foreste, ove si muor di
sottoboschi umidi,
afflitti da schegge
di sole?

L'un mangia l'altro e
chi sopravvive se lo porta iddio
nel suo lontano mondo,
illuminato dall'assoluto
non sapere.

Fammi capire di capire,
prego
e poi non capirò e
sarò contento,
come chi crede nel ciottolo
e s' inchina.

Giba

 

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Attesa

Nel buio, graffiato da lievi suoni,
in cui il canto del grillo si fa acuto,
accendono in due, nella radura,
un piccolissimo lume, guardandosi
negli occhi, insonnoliti.

Lui le prende la mano e lei,
stringendosi la maglia, brividendo,
sussurra che il buio la
impaura. "Come un muro di morte,
attorno al lume"

Un sorriso la acquieta: "Attendi cara,
i nostri sogni sorgeranno all'alba. Per
ora riposano oltre il muro. Questo è un
muro d'attesa. Il lume ci accompagna ad
aspettare. Quando si spegnerà
vedremo il mare.

 

Giba 

 

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Infinito tutto 


La sera di questa estate di fuoco
attendo.
Ambisco le piogge d'autunno,
voluttuose e violente,
come una fresca carezza
di una forte, giovanissima
amante.

L' erba infinita della
infinita pianura dei miei sogni
sogno, fino al limite dell'infinito
stesso che si scontra
con pendici boscose
di altissimi monti,
al di là del pensiero.

Ci sia una fine all' infinito;
un sogno che fa curvare la retta.
Vedere un Dio che attende
con ironico sguardo.

Giba

 

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Polvere 

 

Stanche stanze nel deserto,
colme di sottile polvere d'anni
come sabbia nera.

Stanche le stanze, le maniglie,
di stanchi mobili, stanche:
scurito il tutto, nel nulla accaduto
nel mio "dentro" che sembra
partorito ora, dalla calda giornata.

Eppure è un freddo pensiero
che appare in un brivido, apparente
dal fondo di un segreto conosciuto.

Bello è tutto, a vedersi, a sentirsi.
Tremendo il tutto se lo senti perduto.
Son tutti fiori, son brillanti eterni,
son cose dolci per un affamato
che non le avrà perché troppo
lontano, per poterle afferrare,
senza che cada la sua mano
prima.

 

Giba

 

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DESKTOP

 

L'estate si fa torrida
di scontati pensieri
e ti sorride storto
il pensiero del niente,
dell'avanzo dolente
del passato passato.

Un ridicolo orizzonte
di nuvole inventate,
la vita stravolta dal
resto del carlino
per un giornale usato
dagli angoli piegati.

Nulla è cambiato e
nulla è, quindi, nuovo.
Milioni di parole non
aprono i miei pensieri
ma li chiudono al nulla
dalla morte alla culla.

Siamo serviti? Forse,
ma certo non serviamo.
Vediamo il limite
al limitar del legno
che regge una finestra
su una vita non vita.

La vecchiaia ti scolora.

 

giba

 

 

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Una croce?

Nacque la croce
dal cielo e cadde
fra noi, come un
futuro ricordo.

Eravamo senza croci
ma venne, ci segnò,
noi ci segnammo e si
morì da allora, senza
l'inconsapevolezza.

Una croce per noi,
le nostre strane
scivolate nell'essere,
le sofferenze e l'amore,
l'inutilità.

Una croce per ricordare
le croci senza croci
che già c'erano; per
dire che siam poco
e si sapeva.

Perché a segnar la vita,
non servivano croci,
bastava un male sordo
in fondo all'essere.

 

Giba

 

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Così

Una poesia storta,
come la vita che pare storta
a noi che non sappiamo.

Vedi, nulla sappiamo della morte
e nulla sarebbe, se sapessimo
della vita. No, non sappiamo.

A cosa addebitare i dolori
a cosa la ferocia del niente?
A niente. Siamo e basta.

Quarti di bue appesi ai ganci
del macellaio, o somiglianza di Dio?
No, non sappiamo.

Sai niente della vita fra un secondo?
Nulla. Un desolante nulla per la nostra
presunzione. Non sappiamo.

Ma chi conosce Dio sa tutto: lui
lo sa. Conosce. Pover'uomo.
Povero è lui e chi di noi gli crede.

giba

 

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Il non ricordo

 

 

Lo sai, di te io non
ricordo il nome.

Eppure fosti tanto,
mi fosti tanto e
tanto, perché, non so perché,
mi amasti. Io te lo dissi,
guarda che per me sei poco
e tu accettasti. Ed eri bella,
ed alta e morbida ed avevi,
quando ti stringevo,
un profumo leggero.

Scrivesti una poesia,
poverello, per me,
che pur diceva:
"Come un vento tu sei,
che appare all'improvviso,
ti solleva le vesti,
ti scompiglia i capelli..."
e finiva,
"ma qualcosa è sconvolto,
distrutto dalla sua follia...."

Ricordo che eri bella, e che sei
parte importante della mia vita
ma non so più il tuo nome.

Questo mi danna, e vorrei dirti:
"Cara, verdi i tuoi occhi e rossi
i tuoi capelli, il tuo parlare
fu unico al mio cuore.
Io non ti amai, ma t'amo tanto,
ora.
Perdonami la vita che è passata".

giba

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Nuova

Mandami o cara
una poesia novella,
fiorita di immagini
assonanti,
come la frasca
di una nuova rima.

Mandami il sole caldo
in una tazza ed il colore
lento delle gore,
ma misurate

su una media
stazza.

Il rotolar del fiume sullo stecco,
umiliato dal viscido fluire,
che accorre in un moderno
divenire.

Mandami un fiore rosso sulla
riva, che appare fiore e
fiore se ne va.

Io correrò su questa foglia
verde, che è verde ora
e certo ingrigirà.

 

Giba

 

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I personaggi


Di questo palcoscenico spropositato
di cui calchiamo tavole ineguali,
noi viviamo la nostra parte
essendo personaggi e non interpreti.

Percorriamo una tragedia già scritta
cui non possiamo apportare varianti.
Noi non siamo, viviamo l'apparenza
non essendo ma fingendo di essere.

Dietro le quinte sorride Mangiafuoco
ed attende che cali il sipario.
Da questo teatro usciranno fantasmi,
come aliti di vento che si perdono
senza impronte o ricordi duraturi.

Noi tutti siamo l'infinito nulla.


Giba

 

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Nataliade


E' senza attesa che si gode
il tempo. Non occorre il
domani per amare né
per avere. Solo, un vicolo
di vita da aspettare.

Godo il Natale, il mio
sesto Natale
E i primi cinque, Dio lo sa,
li ho avuti.

giba Magia strana del tempo,

Così mi accorgo
che il passare del tempo
sgombra il cielo della
mente, rarefacendo i pensieri.

Li rende liberi e strani
e ti ripensi e capisci che
gli anni, cogliendo poche idee
dal tumultuare svanente dei sogni,
accozzanti coi sogni, le fa
nuove e lustre.

Ti illumina il tempo e
svela, all'improvviso, un
mondo nuovo, diverso e non
migliore. Capisci.

Forse fu fortuna per
tanti aver preso la via
dell'uscio di questa casa
di storti muri e di porte
fesse. Forse sarebbe stato
meglio non aver tempo di
vedere. Non sapere.

Alla fine del tempo l'ironia
si rende angoscia allegra,
ossimoro che fa questo
cammino inutile nel tempo.

Se è stato tempo e se fu
cammino.

giba

 

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Ciò che sa dire il poeta

Il poeta apre l'anima, piano,
con mani di tiepido vento.
Ti dice l'amore e la vita,
la morte e il dolore ti dice.

E' così facile darsi, farsi
vedere dentro la carità e l'odio,
tutto. Passa dal poeta il filo
che lega tutti i pensieri,
di tutti gli esseri al mondo.

Passa e lui vede i tuoi
pensieri, così simili ai
suoi, così evidenti per tutti.

Lui, come te, è un impasto
di gioia e dolore, di nascosta
paura del nulla.
La crudeltà,la follia,
sono solo il modo,inutile,
di esorcizzare la fine
di una frase
cui nessuno potrà evitare
il punto.

 

giba

 

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Sapere

Che delusa magia
quella del niente.
Sapere di sapere
e non sapere.

Io punto a Dio
e finisco,
all'albero vicino.
Freccia spuntata.

Lento reclina il capo
che si regge su ossa
doloranti, si abbandona
alla spalla insicura.

Seduto qui, all'angolo
dei mondi, vedo cose finite
e mi converto al nulla,
come illuminato.

Ogni sera mi invento un Dio
che duole, e mi dolgo del Dio
che non appare. Perché
dovrebbe? Sono un accattone.

Accetto quel che Dio non mi può dare,
il sogno di una notte in fondo al mare.


Giba

 

 

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A Meri

Amo le vie
di mezzo;
non il riso,
il sorriso;
non la notte,
la sera;
non il pianto,
la malinconia.

Amo le rondini,
sospese
a mezza via,
fra terra e cielo.

Amo l'amore,
quel tanto
che basta,
per odiarti
un pochino....


giba

 

 

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DOMANI

Si fa crepuscolo,
la sera condivisa
delle cose.

Fino ad ora,
ho giocato ai riporti
col pensiero,
rimandando di un poco,
un attimo di tempo,
lo sfiorire
degli occhi della mente.

Ora davvero il punto
si fa punto,
senza remissione.
D'ora in avanti sarò
soltanto quel che fui:
sopravvissuto.

Il tempo si fa vago,
svalutato
dall'indifferenza,
come il rimasuglio,
prezioso e e repellente,
dei resti in fondo

al piatto,
nell'attesa
di un getto d'acqua
e di schiuma.

Sento vagar per casa,
come per una veglia,
la mia gente a festeggiare
quel che molti non sanno
cosa sia. L'allegra fine
della vita mia.

Giba

 

 

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Sortir de chez soi


Conosci il vino
con le bollicine
e la rosa,
pendula nel vaso
lungo e stretto,
di cristallo opaco?

Ricordi quei sorrisi
ed il tuo dire,
cortese e lieve
come la tua mano,
che sfiorava la mia,
senza parere?

Una città d'oltralpe,
non ricordo
se lontana o vicina,
e mi dicevi che era
dolce il francese
su una bocca italiana.

Pensavo ai tuoi occhi
grigi, al tuo sorriso,
a quanto dolce sarebbe
stata, una bocca francese,
su labbra italiane.

Che posso farci
se al ricordo
mi soffre ancora tanto,
ma tanto, il cuore?


giba

 

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Il lontano vicino


Canto un amore
fragile ed antico,
fragile come il fiore,
antico come il vento.

Eppure se mi chino
scopro che il fiore
è fresco di rugiada
e il vento s'è quietato
per tanti anni, che
nulla manca mai fra
le mie braccia; ma sì
vicino a un cuore
che mi impaccia,
perché batte ad un
ritmo giovinetto,
e finirà con lo
squarciarmi il petto.

Giba

 

 

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Rita

Piango con te, amore mio,
l'ultimo passo. Insieme
andiamo, insieme, e se
ci fosse di che voltarsi
ti direi: facciamolo.

Non sarai di sale, ferma
a contemplare, la città
in fiamme. Sarai, dolci
i tuoi occhi, a riguardare
i trascorsi ruscelli e le
fatiche, tanto lievi
insieme, superate.

Giba

 

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Rimorsi

Riemergono i rimorsi.
Mie le colpe che sento,
come se fossi tanto
da poterne avere.

Non possiamo aver rimorsi,
io o nessuno. Noi siamo la
cabala, la sorte. Siamo il
niente che crede di potere.

Non possiamo. Tutto è
preordinato,
tutto scritto
dal libro del vento.

Possiamo solo prendere il
sentiero. Salire il nulla
come fosse vero. Un nulla
che ci incolpa, ma di cosa?

Non c'è nessun arbitrio,
libero men che meno.
C'è l'attesa di sapere
qualcosa che non c'è.

Un Dio che non ci riguarda
e non ci guarda. Siamo
qualcosa, la virgola sul fiume,
assorbita da un battere di cuore.

Giba

 

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Il viaggio

 

 

Fu la Bellezza a sciogliere le cime

e la nave salpò verso l'oriente.

Andò via sul filo dei venti

quella antichissima nave

desolata, col carico di tutti

i valori derisi, da malvagi

pensieri.

 

Era l'autunno, temuto dalle rose.

Era l'autunno del nostro autunno,

intriso di paure e di pace sorpresa.

Noi tutti aspettavamo il giorno

nuovo, ma non fu giorno e tacque

nella notte, con gatti tristi

e grandi topi affranti.

 

Quando alla fine si destò il

vento, e la nave rincorse

l'orizzonte, fu la Bellezza a lasciar

campo al Tempo.

Fu un errore tremendo. Col timone

aumentò il Tempo e la Bellezza

sparve, nel ringhiare dell'onda.

 

Quando attraccò la nave nel

porto dei Valori, si scaricarono

i pensieri antichi, quelli dell'uomo

e dell'angoscia pesa.

Alla Bellezza non parlò

nessuno, ché nell'angolo stava

della stiva, non essendo più tale.

 

Il Tempo presentò, con un sorriso

ampio come il venire della notte,

i pensieri dell'uomo sul piazzale

ove i valori avean valore immenso.

Fu soltanto sul fare della sera,

che il tempo ritirò la sua mercede:

una falsa moneta di Cellini.

 

Giba

 

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TI ASCOLTERO'

 

Puoi dire: non volterò
il pensiero, seguirò la
tua penna o le tue labbra,
come un religioso me stesso.
Io sono te perché so
che tu sei quel che son io.

sono tuoi i miei sbagli
tuoi i miei odi ed i tuoi
amori, siamo venuti dallo
stesso grembo. Uguali.

Inutile confessare a me
gli sbagli, sono i miei.
Amo per questo chi mi odia
e l'odio se dice il vero.

Un odio che nasconde
a sé stesso quel che di sé
non vuol sapere.

Che grande sbaglio il credere
d'esser colpevoli del siamo.

Hanno nascosto in noi,
nei millenni, la colpa
d'essere nati, per un caso,
in questa gerla d'amore e
di tormento.

Giba